La III Commissione, premesso che: nella seduta del 10 giugno 2009 il Governo ha comunicato alle Commissioni affari esteri di Camera e Senato, riunite in seduta congiunta, le linee portanti del processo di razionalizzazione della rete degli uffici consolari all’estero da attuarsi tra la fine del 2009 e il 2011. Il processo di razionalizzazione prevede la chiusura di 18 sedi consolari (13 in Europa, 2 negli Stati Uniti d’America, 2 in Australia, 1 in Sud Africa), la chiusura dell’Ambasciata di Lusaka in Zambia e il declassamento di 4 consolati generali a consolati (Alessandria d’Egitto, Basilea, Gedda, Karachi);
la rete diplomatico‐consolare italiana nel mondo è stata sottoposta, in particolare a partire dall’inizio degli anni ’90, a successive misure di razionalizzazione che hanno già ridotto (in alcune aree geografiche drasticamente) la presenza dell’amministrazione dello Stato italiano. Il progetto presentato dal Governo, impropriamente denominato 4a fase di ristrutturazione, seguirebbe la manovra di razionalizzazione determinata dalla legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006, articolo 1, comma 404) che si è conclusa da poco;
la chiusura dell’elevato numero di rappresentanze consolari previsto dalla manovra costituirebbe un duro colpo per gli interessi strategici italiani nel mondo, in particolare in termini di supporto al nostro sistema economico‐imprenditoriale, un compito che non può essere svolto affidandosi, sic et sempliciter, agli strumenti tecnologici di cui oggi disponiamo;
la manovra di razionalizzazione della rete consolare annunciata dal Governo ha suscitato forti perplessità nelle istituzioni e tra le autorità politiche dei Paesi coinvolti dalle chiusure, nei quali sono in gioco rapporti commerciali, culturali ed economici di primo piano per l’Italia. Si segnalano, infatti, le numerose prese di posizione a mezzo stampa di dette autorità, nonché gli appelli indirizzati al nostro Ministero degli affari esteri.
Il ridimensionamento delle nostre strutture pubbliche andrebbe a detrimento della proiezione verso la realtà locale, soprattutto in Paesi centrali nel quadro dei nostri rapporti bilaterali (come la Germania), nonché in Paesi la cui struttura federale (Australia, Belgio, Germania, Svizzera, Sudafrica) rende il rapporto con le autorità regionali altrettanto importante rispetto a quello con le autorità centrali e tale da non poter essere assolutamente trascurato. In Germania, ad esempio, i due Consolati generali di prima classe di Francoforte e Monaco ed il Consolato Generale di Stoccarda sono rimasti o saranno presto privi del Vice Console: non si considera che il Baden‐Württemberg e la Baviera hanno da soli un interscambio commerciale con l’Italia superiore a quello che il nostro Paese intrattiene con la Cina, e che il quadro degli interessi che vantiamo in questi due Länder li rende centrali per la crescita dell’industria italiana, a cominciare da quella della subfornitura nel settore dell’auto.
E non si considera la nostra presenza in Paesi come l’Australia ‐ strategici nell’area Asia‐Pacifico ‐ oggi all’avanguardia di importanti progetti internazionali sul versante dell’ambiente e della ricerca scientifica e tecnologica, o la presenza della nostra diplomazia in Paesi di grande interesse del continente africano verso i quali, per altro, l’attenzione internazionale è in forte crescendo;
la promozione del turismo verso l’Italia presuppone anche una rete relazionale di valorizzazione del nostro patrimonio artistico e culturale, un’attribuzione a cui non possono far fronte unicamente gli Istituti italiani di cultura, confrontati, tra l’altro, con i tagli di bilancio posti in essere con la manovra di finanza pubblica.
Inoltre, in due delle sedi minacciate di chiusura (Amburgo e Durban) si registra un importante ruolo dei rispettivi consolati a supporto del traffico mercantile italiano, così come è evidente che il consolato di Detroit, avendo la FIAT acquisito gli asset della Chrysler, diventa un punto chiave della nostra industria automobilistica. In tal senso, sono da considerare di assoluto rilievo le perplessità espresse da molti parlamentari in sede di audizione del Ministro degli affari esteri;
la manovra di razionalizzazione costituisce un duro colpo per le comunità di italiani residenti all’estero e per i servizi ad esse diretti. Ci riferiamo alle comunità calcolate al 31/12/2008 in base ai dati dell’Anagrafe degli italiani residenti all’estero, secondo i quali i cittadini italiani nel mondo sono 4.008.563, di cui 2.169.144 (54,1%) in Europa.
Si deve inoltre notare che le rilevazioni trimestrali dei dati anagrafici condotte dagli uffici consolari mostrano un quadro di andamento e di tendenze che non lascia dubbi alle interpretazioni: in svariate aree geografiche europee si assiste ad un notevole incremento delle presenze italiane, riconducibile per lo più alle nuove mobilità professionali transnazionali;
si registrano sempre minor personale e minori risorse finanziarie a disposizione, congiuntamente a procedure amministrative sempre più complesse: questo il quadro destinato a penalizzare il livello dei servizi che la rete diplomatica e consolare sarà in grado di fornire agli italiani residenti all’estero ed il suo contributo alla promozione dei complessivi interessi italiani nel mondo;
le riduzioni delle voci del bilancio tracciate dalla legge finanziaria 2009 hanno penalizzato fortemente la dotazione di personale della rete diplomatica italiana. L’impatto, in termini di organico, è stato pesante soprattutto per gli Uffici consolari, drasticamente ridimensionati tanto nel personale amministrativo quanto in quello diplomatico. Il ridimensionamento del personale ha posto molti consolati in condizioni operative difficili, tenendo conto che la complessità delle norme che regolano il funzionamento dei vari servizi richiede conoscenze tecniche sempre più specifiche e non improvvisabili (è il caso ‐ ad esempio ‐ della funzione notarile, che si è andata col tempo sempre più evolvendo per seguire i sempre più complessi ed articolati rapporti ‐ anche economici ‐ delle nostre comunità con l’Italia). L’attività dei Consolati ne risente fortemente, con l’accumulo di arretrati (ad esempio nella trasmissione degli atti di stato civile ai comuni) e l’allungamento dei tempi di erogazione dei servizi. Il tutto mentre gli uffici sono gravati da compiti aggiuntivi imposti dalla organizzazione delle operazioni elettorali in loco (due solo nel corso di quest’anno, almeno una il prossimo) e dall’aumento dei servizi (per esempio: lo scorso anno con l’emissione della carta d’identità, quest’anno con l’imminente rilascio del passaporto con rilevazione delle impronte digitali);
in aggiunta alle contrazioni d’organico del personale amministrativo ed aggirando la farraginosa convenzione che il Ministero degli affari esteri aveva a suo tempo stipulato con la Conferenza dei rettori universitari italiani, lo stesso Ministero ha dato inoltre istruzione alle sedi estere di porre termine alla prassi di accogliere stagiaire (i partecipanti ai “tirocini formativi e di orientamento” regolati dalla legge n. 196 del 1997, art. 18 e dal decreto interministeriale n. 142 del 1998), la maggior parte dei quali erano segnalati da università italiane. Con tale indicazione i consolati hanno quindi perso non solo un apporto lavorativo apprezzato da tutti (personale interno ed utenza esterna), ma anche la carica di innovazione e disponibilità apportata da giovani volontariamente propostisi;
le distanze tra sedi in chiusura e sedi riceventi sono in molti casi un ostacolo insormontabile per i cittadini italiani all’estero. Il Nord‐Est della Francia rimarrà completamente privo di servizi consolari e si dovrà far riferimento ad una sede, quella di Parigi, distante centinaia di chilometri, così come la chiusura delle rappresentanze in Australia ‐ Adelaide e Brisbane ‐ comporterà ore di volo per recarsi alle sedi consolari riceventi (Sydney e Melbourne). Ma la stessa situazione si determinerà anche in Inghilterra a causa delle chiusura della sede di Manchester;
i risparmi derivanti dalla manovra di razionalizzazione, così come comunicati dal Governo, sarebbero irrisori oltre che improbabili: non sono quantificati i costi veramente notevoli derivanti dal trasferimento del personale, degli archivi, del mobilio, del riallineamento delle reti informatiche nelle sedi riceventi, degli spazi insufficienti, e altro. Non vi è un minimo accenno alla lotta agli sprechi né tanto meno si prendono in considerazione misure di razionalizzazione delle procedure amministrative, promesse da anni e mai realizzate. Ci si chiede, in particolare, che fine ha fatto lo sportello unico. Inoltre non si comprende come si possa realizzare senza gravi danni la chiusura del consolato generale di Losanna, a cui fanno capo oltre 60 mila cittadini italiani registrati all’Anagrafe egli italiani residenti all’estero, per trasferire il tutto al consolato generale di Ginevra, palesemente inadeguato ad accogliere il personale e l’archivio del consolato in chiusura, nonché ad erogare i servizi ad una consistente comunità come quella della città vodese: la concentrazione, in questo caso così come in quello di Charleroi, poggia su un presupposto visibilmente errato;
la fiducia nel cosiddetto “consolato digitale”, che dovrebbe sopperire alle strutture materiali, nell’erogazione di determinati servizi, appare concretamente fuori misura. Attualmente è in corso una sperimentazione nel consolato di Bruxelles e, a quanto è dato di capire, il sistema necessita di vari anni (e investimenti cospicui) prima che possa passare a regime. Non vi è dubbio da parte nostra che il forte ricorso alle innovazioni tecnologiche possa costituire una rivoluzione nelle rete consolare.
Ma smantellare la rete in attesa del divenire appare controproducente e autolesionista: oltre ai già citati interessi del sistema produttivo italiano, occorre sottolineare con forza gli enormi vantaggi economici che l’Italia ricava dalla presenza dei propri cittadini nel mondo, sia per il turismo di ritorno, sia per l’indotto economico, sia per tanti altri aspetti ancora,
impegna il Governo
a congelare per un periodo di tre anni (2010‐2012) la manovra di razionalizzazione degli uffici consolari all’estero e ad accelerare nel frattempo il processo di revisione e ammodernamento delle procedure amministrative, nonché l’informatizzazione destinata al funzionamento del “consolato digitale”; a verificare le modalità transnazionali di accesso alle strutture consolari da parte dei nostri cittadini, per evitare loro di dover percorrere centinaia di chilometri (ad esempio, Mulhouse / Basilea anziché Metz), nonché ad avviare iniziative per il coinvolgimento dei competenti organi parlamentari e degli competenti Commissioni parlamentari e con gli organismi di rappresentanza delle nostre comunità all’estero nel dibattito sul dimensionamento futuro della rete diplomatico‐consolare italiana nel mondo.
firmatari: Narducci, Di Biagio, Maran, Pianetta, Fedi, Picchi, Porta, Angeli, Bucchino, Biancofiore, Corsini, Berardi, Barbi, Tremaglia, Tempestini, Mecacci, Garavini, Gianni Farina, Ricardo Antonio Merlo