La ‘noche triste’ degli italiani ad Asunción
Tra i molti connazionali che hanno lasciato un segno nella storia del Paese possiamo ricordare il navigatore Sebastiano Caboto, il primo europeo ad arrivare da queste parti nel 1528; i gesuiti che lavorarono nelle Missioni, come José Bressanelli e Juan Bautista Primoli (ma era italiano anche il governatore di Buenos Aires, Bucarelli, che eseguì nel 1768 il decreto di espulsione dei gesuiti); alcuni professionisti contattati in Europa dal presidente Carlos Antonio Lopez nei primi decenni di vita indipendente del Paese, come l´architetto Alessandro Ravizza, autore tra il 1855 e il 1867 di importanti edifici quali i palazzi del Governo e del Parlamento, e la facciata della Cattedrale di Asunción; il pittore-esploratore Guido Boggiani, attratto, verso la fine del secolo XIX, da una regione misteriosa e sconosciuta, il Chaco, “rotta fatale, tomba degli esploratori, enigma terrestre, fatalità geografica”.
Non tutti però sanno – ci scrive Antonio Fossati dell´Associazione Emilia-Romagna di Asunción – che gli italiani sono stati protagonisti di un evento drammatico che ha segnato la storia del Paraguay. Il fatto, ricordato come la noche triste de los italianos, è stato ricostruito dallo stesso Fossati sulla base delle informazioni contenute in un volume apparso nel 1925, Sobre los escombros de la Guerra (“Sulle macerie della guerra”) di Hector Francisco Decoud. Ma si tratta – avverte Fossati – della versione dei fatti fornita dalla parte lesa: non conosciamo su questo il pensiero degli italiani.
Tutto onizia l´11 settembre 1870, quando il primo organo di stampa indipendente del Paraguay, La Regeneración, pubblica la notizia di un assassinio di cui è accusato un italiano. L´informazione è falsa (il colpevole è un argentino di nome Duarte), pertanto la comunità italiana presente nella capitale chiede al giornale la rettifica. Il direttore José Juan Decoud acconsente, ma limitandosi a smentire l´accaduto senza aggiungervi ulteriori commenti, come invece esigono gli italiani. Per questo, sei connazionali si presentano alla sede del giornale in Calle Palma chiedendo la pubblicazione di un testo ulteriormente chiarificatore, scritto da loro stessi. Al rifiuto della redazione segue una concitata riunione degli italiani nei pressi del porto, dove si radunano oltre 200 persone armate di pistole, asce, pugnali e coltelli acquistati nelle vicine botteghe.
Quando la nave ammiraglia brasiliana ancorata nel porto suona con due scampanate, come ogni giorno, le cinque della sera – ora fatale, secondo Federico Garcia Lorca – la città sguarnita e provvisoriamente priva di guida politica, piomba nell´anarchia. Gli italiani in colonna marciano verso il giornale, si introducono da una via laterale nelle officine stampa, dove trovano i tipografi al lavoro, e raggiungono il cortile dell´edificio in cui abitano i proprietari, la famiglia Decoud. Entrati nello stabilimento con le fiaccole accese e le armi in mano, gli italiani si imbattono nei dipendenti che stanno tentando di fuggire. Bloccano un tipografo, Fernando Araujo, e gli intimano per quattro volte di gridare “Viva l´Italia!”. “Non ci penso proprio – risponde sempre il fotografo. Sono brasiliano e non ne ho motivo”. Viene allora pugnalato e trascinato in strada moribondo. Stessa sorte tocca a Roberto Sali e Manuel Rivero, tirati fuori dal bagno dove si erano rifugiati e ammazzati per il loro rifiuto di gridare “Viva l´Italia!”.
Pedro Miguel Decoud, stanato dalla sua stanza a colpi d´ascia, è abbattuto mentre grida “Viva il Paraguay!”. Javier Denis e i fratelli Hector Francisco e Diogenes Decoud ricevono pistolettate nel trambusto generale, mentre sta arrivando la polizia. Diogenes si salva gettandosi in strada. Un altro uomo, alla solita richiesta, risponde con una battuta che fa ridere gli assalitori e gli risparmia la vita: “Viva l´italiana Caterina! Le voglio tanto bene che la tengo come amante!”. Gertrudis, la serva dei Decoud, viene sorpresa in una stanza mentre recita il rosario. Agitatissima, urla “Viva l´italiano!” e si prende una manganellata in testa. Allora si corregge: Viva la italiano kuéra!, “Viva tutti gli italiani!”. Un portoghese, nascosto fra i cassoni vuoti mentre gli italiani sfasciano presse di stampa, casse dei caratteri, armadi, libri, materassi, scoperto si mette a gridare “Viva l´Italia!” con tanta forza che deve essere zittito dai poliziotti nel frattempo entrati nell´edificio.
A questo punto, comincia la vendetta. Gli italiani vengono setacciati casa per casa. Sono gli stessi vicini ad indicarne le abitazioni agli agenti. Questi sparano alle porte o le buttano giù con il calcio dei fucili. Da dentro, si sentono voci imploranti: “Io no, non ho fatto niente!”. Al porto viene abbattuto tutto ciò che è italiano. I nostri connazionali rispondono e uccidono il capitano Manuel Fraga, comandante delle forze argentine in Paraguay. Alle nove di sera sono già 148 gli italiani arrestati. La retata è completata nella notte, ma solo la mattina dopo si possono tirare le somme della noche triste de los italianos: 16 morti e 13 feriti gravi. In realtà, il numero reale delle vittime è tenuto nascosto per non dare occasione a ulteriori disordini. “Malgrado questi fatti – conclude Antonio Fossati – la diaspora italiana, superando i vari regionalismi, si è mantenuta fedele alla propria cultura e tradizione pacifica, apportando con generoso lavoro e spirito di sacrificio un messaggio di integrazione ed armonia in ogni luogo in cui i connazionali hanno avuto la sorte di vivere”.
In Paraguay c´è una fortissima voglia di aprirsi al mondo e di conoscere. Il Paese ha ospitato un´emigrazione italiana differenziata e poco conosciuta.
Ma come vive oggi la comunità italiana la propria identità nel Paese sudamericano?
“La mia impressione – dice Jorge Rubiani, autore del volume ´Gli Italiani in Paraguay´ edito dall´Ambasciata d´Italia ad Asunción – é che i sentimenti riguardanti l´Italia in Paraguay si manifestino solo in alcune circostanze, magari di fronte a un evento sportivo, ma non si traducono in espressioni permanenti e solide di affetto e scambio reciproco. Molti paraguayani hanno ottenuto la cittadinanza italiana perché il passaporto avvantaggia nei viaggi o negli affari. In generale, la relazione tra Paraguay e Italia rimane contenuta nella burocrazia e lontano dal ruolo importante che le si potrebbe riconoscere. Certo è interessante notare che esiste una certa volontà di ritorno alle origini da parte delle generazioni successive a quelle dei primi emigrati italiani: la distinzione che dà un cognome italiano, lo studio della lingua, un certo ´frugare´ nella cultura italiana sembrano essere per i giovani un vincolo con la propria storia, le proprie origini, e serve per far rivivere un sentimento di nazionalità”.
Questo Paese, compresso tra Brasile e Argentina, che divenne meta d´immigrazione perché mancavano le braccia per lavorare la terra, si sta aprendo al mondo e il programma radiofonico “Sabato Italiano” dell´Ambasciata italiana dimostra il crescente interesse dei discendenti degli emigrati per la cultura e l´economia della penisola . Da qualche tempo, il legame tra le comunità italiche del Paraguay e le loro Regioni di origine sembra essersi rafforzato: si stanno infatti costituendo associazioni di siciliani, lucani, trentini, mentre è già attivo da due anni – come abbiamo detto – il sodalizio degli emiliano-romagnoli.