Intervista a Erica Story, artista di origine mantovana
Sono nata e vivo nella provincia di Mantova, dove la qualità della vita è ancora a misura d’uomo. Dove ci sono dei momenti di silenzio, dove una come me può trovare ispirazione e tranquillità.
– Cara Erica, ho avuto modo di conoscere le tue opere, il tuo lavoro, attraverso il tuo sito www.ericastory.com – Raccontaci del tuo “fare arte”, del tuo progetto.
Da un po’ ho iniziato a produrre i cosiddetti “alverari” sono strutture di plexiglass che racchiudono forme e colori dei miei quadri. Quindi ci sono alveari con i coccodrilli, i teschi, le mele… L’embrione degli alveari è stato nella mia pittura fin dall’inizio, e si nascondeva nel tema per me molto affascinante della ripetizione. Molte volte ho dipinto elementi ripetuti fino a perderne il significato originale e raccogliendoli poi in un’unica tela.
– Lavori solo in Italia o hai esposto/lavorato/studiato anche all’estero?
Ho esposto in varie parti del mondo, la prima mostra l’ho allestita nel 1999 a Barcellona, poi ho esposto a Milano, Venezia, Roma, Vancouver, New York…
– Qual è stata l’origine del tuo percorso artistico?
Nel 1994 ho visitato il Museo Picasso di Parigi, quel giorno ho avuto un’emozione complicata, intricata ho avuto quasi uno shock, ho sperimentato cosa sia la sindrome di Stendhal che provoca tachicardia, capogiro, vertigini, confusione e anche allucinazioni in soggetti messi al cospetto di opere d’arte di straordinaria bellezza, specialmente se sono compresse in spazi limitati. Da quel giorno ho cominciato a dipingere, prima scrivevo solo, e non ho più smesso.
– Quali prospettive per il futuro? Prossimi progetti…..
Attualmente mi sto cimentando con il vetro. E’ una materia difficile che ha delle regole tutte sue, ma vale la pena provare. Molti artisti contemporanei stanno traducendo le loro opere in vetro.
– In quale modo credi che il contesto storico – urbano della città dalla quale provieni possa averti influenzata?
Credo di sì. Mantova è piena di arte.
– Oggi che hai viaggiato e lavorato “fuori città “, che sei uscita dalla città di origine, con quali occhi vedi Mantova? Cosa rappresenta per te?
Rappresenta un luogo dove riposarsi, dove poter creare in tranquillità. Ma per creare prima bisogna uscire e visitare le grandi capitali europee e degli Stati Uniti, perché l’arte contemporanea si sviluppa altrove. A Mantova c’è poca contemporaneità, ma i mantovani stanno bene così…
– Quali consigli ai giovani che vogliono fare arte in Italia? Agli italiani e agli stranieri……
Dare consigli non è facile, diciamo che non ci si può aspettare niente dagli altri. Bisogna puntare tutto su se stessi. Per fare arte non solo bisogna fare un percorso, ma la strada bisogna anche crearsela. Gli artisti sono come degli aborigeni che nella giungla si aprono le proprie strade con fucile e machete.
– Come giudichi le politiche culturali italiane?
Mah, un artista vero è sempre al di fuori dei concorsi, delle politiche culturali ecc… è uno che scompone il mondo e lo ricompone secondo il suo equilibrio personale. Se ne frega delle politiche culturali, non ne ha bisogno.
– Un messaggio speciale rivolto all’arte?
L’arte deve tornare nelle mani degli artisti, ora è nelle grinfie dei mercanti.
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Antonella De Bonis