La famiglia Franchetti di origine israelita si era trasferita a Mantova dal sud della Francia già dal XVI secolo.
Tra gli antenati, per l’impossibilità di citarli tutti, voglio ricordarne qualcuno, come Davide del 1553 che era Massaro cioè esattore delle tasse, Mosè 1575, abitava a Mantova in via del Galeone e Lazzaro, 1600 il quale era Sovraintendente ai Commestibili oltre che Massaro, ed ottenne in seguito il permesso di aprire un banco feneratizio cioè un banco dei pegni. Nel 1660 si trasferisce come cittadino del Granducato di Toscana, a Tunisi che a quei tempi era sultanato dell’Impero Ottomano.
Da tutti questi ed altri precedenti, nasce la fortuna della famiglia, la quale oltre che a fare investimenti importanti riesce ad accasarsi con famiglie, soprattutto ebree, molto facoltose, ubicate anche all’estero.
Successivamente fanno spicco personaggi come Alessandro, nato a Livorno 1809, morto a Firenze 1874, era un patriota risorgimentale toscano. Eredita la fortuna e la biblioteca dantesca dello zio Isacco e ne compra altre copie per arrivare ad essere un’autorità sugli studi danteschi.
Abramo, 1805-1887, il quale, sposata la causa rivoluzionaria, diventandone finanziatore, dopo la Prima Guerra di Indipendenza, viene nominato primo Barone della dinastia, il 17 ottobre 1858 per regio decreto di Vittorio Emanuele II, atto controfirmato da Cavour; è prevista la “successione primogeniale mascolina”.
Un Franchetti molto conosciuto ed importante è lo zio Giorgio che nel 1894 acquista la Cà d’Oro di Venezia e la restaura per donarla allo stato italiano insieme all’adiacente Palazzo Duodo e capolavori di Tiziano e Guardi. Inoltre finanzia il restauro del Castelvecchio di Verona e dei mosaici della Basilica di San Marco a Venezia.
E qui entra in argomento Canedole.
Raimondo Franchetti, 1828-1905 sarà il secondo barone, dal 1887, anno della morte del padre Abramo. La famiglia molto facoltosa ha possedimenti in Piemonte, nel Veneto, nel reggiano a Cavazzone ed a Reggiolo e a Lucca, inoltre una vetreria a Murano di Venezia con 600 operai.
Facoltoso banchiere, si dedica al settore dei trasporti in carrozza. Poi, dopo l’avvento delle ferrovie, passa al settore delle bonifiche dei terreni. Sposa una delle donne più ricche d’Europa Sara Louise Rothschild, figlia del barone Anselmo Salomone. Comprano, tra le altre cose (per esempio la Torre della Garisenda di Bologna, che verrà poi donata al Comune) anche la tenuta di Canedole. Con atto notarile del 26 aprile 1876 del notaio Pietro Tanara dagli eredi legittimi dei Grigolati. Una proprietà di 2000 ettari cioè oltre 6000 biolche mantovane di terreno fertile. La proprietà in precedenza apparteneva alla comunità religiosa “Canonica di San Sebastiano” di Mantova, l’attuale Famedio, fino al 1784, quando per decreto della allora autorità regnante cioè l’imperatore Giuseppe II d’Austria l’ordine fu soppresso ed i terreni furono messi in vendita ed acquistati da Egidio Grigolati di Mantova con regolare atto notarile.
La comunità era organizzata in maniera molto particolare; nessuno pagava l’affitto perché erano tutti suoi dipendenti.
La Corte Grande si sviluppa nella seconda metà dell’Ottocento, su strutture preesistenti molto antiche. È una tipica corte agricola chiusa mantovana.
“Il suo nucleo principale è costituito dal palazzo padronale centrale rispetto all’accesso che scavalca il fossato che la circonda e lambisce la grande aia. Un fabbricato minore a forma di “L” ingloba un torrione goticheggiante con orologio…
Per 62 anni i baroni Franchetti amministrano le loro terre con grande oculatezza, con calda umanità nei confronti dei loro dipendenti, con attiva propensione sociale e filantropica verso tutta la cittadinanza di Canedole. Per essa fanno costruire un capiente teatro, con tanto di loggia, che contiene centinaia di persone, con palco dotato di marchingegni per il cambio veloce dei fondali. In questo teatro si esibisce spesso la filodrammatica locale diretta da Umberto Mafessanti che, se pure meccanico, è un attore mirabile… Quegli illuminati proprietari favoriscono pure le attività sportive per i giovani del paese, con la costruzione di un regolare campo di calcio, con la promozione di squadre di atletica leggera, di tiro alla fune, di ciclismo, che vengono sostenute finanziariamente. Fanno costruire una piccola centrale idroelettrica sfruttando il dislivello dell’acqua della Molinella all’altezza del mulino e questo porterà la corrente elettrica a tutto il paese, quando ancora a Mantova l’illuminazione è con lampioni a gas. A quei tempi il paese contava 700 abitanti impegnati esclusivamente in agricoltura”. (Tratto da: Il gomitolo della memoria di Adriano Bellei, editore Sometti 2016)
Non essendo andata a buon fine un’analoga proposta del 1873, pochi anni dopo, nel 1876 fu fondato un asilo infantile per i bambini dai 3 ai 6 anni, gestito a proprie spese. L’insegnamento, mediante sistema Fröbel, era affidato alla maestra insegnante qualificata, Pia de Strobel.
I bambini venivano portati a scuola con un servizio di Omnibus cioè una carrozza trainata da cavalli.
Erano coinvolti al lavoro 700/800 persone, anche provenienti dai dintorni, soprattutto da Roverbella, Castiglione, Belvedere e Malavicina. Oltre ai salariati ed agli agricoltori vi erano anche vari artigiani come fabbri ferrai, maniscalchi, sellai, falegnami, muratori, meccanici ed ovviamente personale per l’ufficio, l’agente generale, il ragioniere, il cassiere, il segretario e l’agente tecnico agricolo. Questi venivano pagati mensilmente, mentre i salariati ogni sabato. Era necessario provvedere anche alla salute, perciò erano coinvolti anche i medici condotti, i quali ricevevano un sussidio di 500 lire all’anno.
Un fiore all’occhiello era l’allevamento di cavalli della “razza Franchetti” per l’esercito del Regno d’Italia.
Nel parco venne successivamente costruito un imponente mausoleo per accogliere le loro spoglie mortali. Dopo che questo venne abbattuto, negli anni 50, le salme furono portate nel cimitero degli ebrei di Mantova.
Il figlio primogenito del barone Raimondo, Alberto, 1860-1942 fu un musicista e compositore di grande talento. Aveva scritto la musica per le opere liriche “Cristoforo Colombo” e “Germania” e musicato “La figlia di Iorio” di Gabriele D’Annunzio. Ha ricoperto la carica di rettore del Conservatorio di Firenze. Sua madre era la contessa reggiana Margherita di Arnoldo Levi.
Arriviamo così ad un altro Raimondo, l’esploratore, nato nel 1889 a Firenze. Di carattere molto attivo ed esuberante, già a 18 anni era andato ad esplorare il Nord America. Dopo brevi permanenze in Italia, si spostò prima in Oriente, dal quale era stato affascinato dai romanzi di Emilio Salgari e successivamente in Africa. Fu uno dei primi esploratori della Dancalia etiopica, luogo in cui si trova il punto più basso dell’Africa, il lago Assal, 155 metri sotto il livello del mare.
Non aveva problemi economici perché la sua famiglia era una delle famiglie più facoltose d’Italia. Per questo motivo per la ricognizione in Dancalia in cerca di due esploratori scomparsi 50 anni prima, Giulietti e Biglieri, spese una cifra che al giorno d’oggi viene rapportata ad oltre due milioni di euro.
Morì in Egitto nel 1935, con il Ministro dei Lavori Pubblici del Regno d’Italia Luigi Razza, in un incidente aereo le cui cause furono collegate ad oscuri complotti prebellici. È sepolto presso il cimitero italiano di Massaua in Eritrea.
Ebbe quattro figli: Lauretana detta Simba, che in lingua africana swahili significa leone, Lorian, Raimondo Nanuk, orso bianco, IV barone, ed Afdera, che prende il nome da un vulcano della Dancalia, arrivata alle cronache mondane perché sposata nel 1957 con l’attore Henry Fonda.
L’albero continua con i discendenti di Raimondo Nanuk, Alberto nato a Bologna nel 1947 e suo figlio, l’ennesimo Raimondo, nato nel 1996.
La proprietà di Canedole venne rivenduta nel 1938, dopo 62 anni ai fratelli Dall’Acqua, milanesi, che acquistarono Corte Grande e la parte a sud della Molinella, fondando la società SAICA.
Un’altra parte della proprietà fu venduta ai baroni Treves con la società immobiliare Romea.
Un particolare ringraziamento al M° Adriano Bellei per il prezioso materiale fornitomi ad integrazione di questo scritto.
Fonte Turina Patrizio