Un convegno e una rievocazione storica hanno ricordato l’inaugurazione del 1912 dell’edificio liberty oggi casa comunale di Carbonara Po.
Il cavalier Francesco Bisighini ha lasciato tracce di sé nel paese che gli ha dato i natali: Carbonara di Po. Un piccolo borgo adagiato sulle rive del grande fiume, nell’estremo lembo sud orientale mantovano e lombardo. Egli visse in una suntuosa villa, oggi sede comunale. Gli alberi del parco ombreggiano l’imponente mausoleo, il quale ne conserva le spoglie, insieme a quelle della moglie. Poco più che quarantenne torna da Buenos Aires in Italia, con una vera fortuna. Parte di essa è impiegata per la costruzione della casa e della tomba di famiglia, vero e proprio tempio alla memoria: una profusione principesca di oro e marmi pregiati. Da dove veniva tanta ricchezza? E come poteva essere stata accumulata in così poco tempo?
Le testimonianze di come siano andate le cose ci sono, ma nessuna di esse corroborata da dati sufficientemente controllabili. Sicuro, invece, è il fatto che il nostro fu impresario edile in Buenos Aires, tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900. Testimoniano questa attività le fotografie, eseguite all’epoca, delle sue costruzioni. Dimore private per clienti facoltosi, palazzi per attività mercantili e sociali. Il tutto scrupolosamente elencato in un prezioso documento, il quale ci consente di conoscere l’ubicazione delle costruzioni, i nomi dei committenti, i loro recapiti e le rispettive attività. Nello stesso archivio fotografico, troviamo una ricca raccolta di immagini, che illustrano l’architettura, la vita, il lusso e le miserie della capitale argentina di quegli anni. Egli volle in questo modo portare con sé, in Italia, il ricordo di una parte importante della sua esistenza e di una città, alla crescita della quale aveva contribuito.
Immaginiamo il nostro costruttore che percorre le vie, intento a catturare il volto di una città in rapido cambiamento, e passa davanti alle lance di un’inferriata oltre le quali il bambino Borges gioca e legge, nella casa con due piani e due patios del quartiere Palermo.
Un giornalista messicano chiese a Jorge Luis Borges il perché si ostinasse a vivere nelle tre stanze di calle Maipú: cucinino, angusto ingresso e bagno. Lo scrittore osservò che vi erano delle sedie in più, e si meravigliò di come l’intervistatore trovasse scomoda una casa nella quale era entrato appena da un quarto d’ora, mentre lui ci viveva comodamente da quasi mezzo secolo. Lo sprovveduto giornalista non si sarebbe permesso di fare un’osservazione così inopportuna, se avesse conosciuto il misterioso amore che legava lo scrittore alla sua città; non era lo spazio lussuoso di un’abitazione moderna che poteva alimentarlo. Amore che veniva da lontano, dai giorni dell’infanzia. I libri erano già il suo destino, oltre l’inferriata la strada, con l’epopea della milonga e dei duelli al coltello. Una Buenos Aires picaresca che stava scomparendo, grazie anche all’opera di gringos come Francesco Bisighini.
Scriverà Borges: “La stanno imprigionando adesso quella quasi infinita distesa di solitudine che si rintanava poco tempo fa oltre la pasticceria La Paloma, dove si giocava a truco. Verrà rimpiazzata da un viale banale, con tetti dalle tegole alla moda inglese. Del Maldonado non rimarrà altro che il nostro ricordo,…” .
Dell’incrocio di destini, quale è stata una città come Buenos Aires all’inizio del ‘900, il Bisighini si portò in Italia il vivido ricordo impresso sulla lastra fotografica.
Uomo con poca istruzione, aveva grandi conoscenze in fatto di tecniche edilizie e di materiali edili. Alcuni anni dopo il ritorno al paese natale, ricevette il titolo di Cavaliere della Corona, e passò il resto della vita ad organizzare il ricordo della sua figura per i posteri. Se ne ha una prova leggendo il testamento, riveduto più volte, nel quale sono meticolosamente disposte le donazioni da elargire, e le precise clausole riguardo chi e come doveva gestire l’ingente patrimonio d’immobili lasciato. Nello stesso documento si legge: “Il giorno ventitrè del mese di febbraio 1953, alle ore sedici e minuti cinque, nella casa posta in via… al numero dieci è morto Bisighini Francesco dell’età di anni ottantacinque, residente in Carbonara di Po, benestante, che era nato a Carbonara di Po dal fu Giacomo, già sarto,… e dalla fu Bocchi Maria Rosa, già casalinga,… e che era vedovo di Crivellari Ernesta.”
Morì senza eredi; forse, a consolarlo negli ultimi anni, rimanevano le fotografie ben ordinate in eleganti album. Con loro, poteva tornare all’aria frizzante di Buenos Aires respirata in gioventù. Fortunatamente l’intera raccolta è arrivata fino a noi. È un’eredità, per certi versi, più preziosa di tante pietre e statue disseminate di qua e di là dell’Oceano nel corso del ‘900. Essa è un contributo alla conoscenza dell’intima e anomala anima della capitale argentina; metropoli che sfugge ai canoni anglosassoni ed ispanici, incrocio magico di esistenze di emigrati venuti dal cuore antico dell’Europa. Ancora oggi, ad ogni angolo della città si può incontrare un italiano che ha una storia da raccontare.
programma della serata
Ore 17.30: accoglienza in villa con scenografie d’epoca
Ore 18.00: saluto del Sindaco e delle autorità presenti
Ore 18.15: Il Lavoro e il Talento Italiano nel Mondo – Il Fenomeno della Fuga dei Cervelli, relatore Daniele Marconcini
Ore 18.45: Francesco Bisighini, Costruttore in Buenos Aires, relatore Vittorio Bocchi
Ore 19.15: Gli Artisti della Villa e il Mecenatismo del cav. Bisighini, relatrice prof.ssa Angela Ghirardi
Ore 19.45: proiezione del documentario Francesco Bisighini – Ritorno da Buenos Aires, di Vittorio Bocchi, realizzazione esecutiva Video Project
Ore 20.00: rinfresco e visita della villa, del parco e del mausoleo dei coniugi Bisighini
Ore 21.30: concerto della corale “Giuseppe Verdi” di Ostiglia, diretta dal maestro Giuliano Vincenzi
accoglienza, letture e animazione teatrale a cura del Gruppo ‘900 Università Aperta di Sermide
PER INFORMAZIONI: 348 5249544 – 320 0455634