Il campionato mondiale di calcio in Sud Africa e non solo; di Maurizio Cazzaniga 4 puntata
Maurizio Cazzaniga inviato speciale dei Lombardi nel Mondo ci racconta il suo mondiale impegnato come volontario nella struttura organizzativa . (4° puntata )
30 giugno 2010 ore 19.02
Airbus A380 Air France. 528 posti, mach 85.
Sono seduto alla fila 92, corridoio. Piano superiore. Scrivo con penna su agenda.
Airbus A380 Air France. 528 posti, mach 85.
Sono seduto alla fila 92, corridoio. Piano superiore. Scrivo con penna su agenda.
Lascio il Sudafrica.
World Cup: ho visto Argentina-Messico a Soccer City, il più bello stadio che abbia mai visto. Ho approfondito. La sua forma richiama il calabash, tipica pentola usata in tutta l’Africa per cuocere ogni tipo di cibo. Il momento in cui sono entrato prima della partita sarà per sempre indimenticabile. Illuminato nelle prime ore della sera. Attorniato dalla simpatia delle tifoserie che si mischiavano in allegria. Balli negli stand, colorito folklore sudamericano. E l’interno impressionante con i suoi 82000 sedili color arancione. Da paragonare alle più ardite costruzioni dell’uomo. Splendente, immenso. Come la squadra di Maradona con il suo 3 a 1 finale, con l’arbitro Rosetti complice di un fuorigioco di tre metri non segnalato sul primo gol.
Il giorno successivo ritorno a Ellis Park, il luogo dove il dramma italiano ha trovato la sua logica e forse annunciata conclusione. Il Brasile balla la samba con il Cile. Giocatori arrivati da Marte. 3 a 0 e canti di adieu. Assisto al match tra i tifosi brasiliani. Non amano Dunga per il suo difensivismo, che invece io reputo tatticamente perfetto. Si inebriano per le discese di Kaka. Detestano le vuvuzela. Le furie rosse della Spagna le ho viste al Loftus di Pretoria. Squadra che gioca a memoria e con grandi potenzialità. Il primo gol è una papera colossale del portiere cileno. Sette anni lavorativi a Madrid mi fanno sentire molto vicino a questo Paese che vorrei vedere in una finale con la mia amata Argentina e …. che vinca il migliore!!!
Sicurezza: dopo la partita del Brasile esco dallo stadio e, dopo una veloce sosta mangereccia, mi dirigo verso Bedfordview, dove c’è Casa Serena. Vado piano perchè la strada è poco illuminata e non capisco mai se sono sulla giusta carreggiata, west or east, per svoltare ed entrare nella piccola laterale. Mi accorgo che una macchina mi segue. Sì, mi segue. Destra, destra. Tunnel, tunnel. Ancora destra, destra. Ahi, ahi, mi dico. Ci siamo. Accelero, la perdo e poi riappaiono i fari. Vedo le luci dell’edificio a dieci piani che è il mio punto di riferimento, proprio di fronte al Club Italiano. Svolto veloce. Dopo un piccolo tentennamento l’altra auto procede dritto. Respiro di sollievo. Ma non è un caso isolato. Mi dicono che alcuni delinquenti usano dei finti lampeggianti per fermarti e poi derubarti. La Polizia è presente dappertutto, ma la criminalità trova sempre i suoi spazi per agire. Io ho avuto solo questo episodio da raccontarvi ma posso assicurarvi che nessuna donna al volante gira di notte da sola nell’area di Johannesburg – Pretoria, sarebbe sicuramente seguita. Non ci credevo quando me lo raccontavano i primi giorni in Sudafrica, ma adesso ci posso giurare anch’io.
Volontari e Azzurri: chiaramente sono andato a trovare gli amici del Volunteer Center di Pretoria per salutarli. Nelson, che mi chiama sempre Spaghetti Spaghetti, mi abbraccia forte. Abbiamo condiviso un gigantesco T bone, must di carne, e tante gustose risate sulle nostre imitazione del grasso capo della Delegazione FIFA, suo boss. Mi hanno chiesto poco impegno. Eravamo 5 europei e 1295 ragazzi neri. Quando ho detto che avrei preferito Soccer City, dove l’aria è più internazionale e centro nevralgico della World Cup, mi hanno subito rimproverato. ” Ma Spaghetti, qui con noi hai potuto capire di più l’Africa”. Vero. La loro pazienza per le code per la distribuzione dei pasti. I termpi lenti. La gioia dell’evento. Una preoccupazione composta per il loro personale futuro. Ho conosciuto la filosofia Ubuntu che è alla base dei comportamenti africani e che mi sono stati sapientemente indicati dal bianco italo-sudafricano Andrea nelle interessanti discussioni che abbiamo intavolato e che hanno sempre soddisfatto la mia famelica curiosità. “Senza questi riferimenti culturali non puoi capire l’Africa nera” mi diceva Andrea. Ed anche mi puntualizzava di far sapere alle Istituzioni Italiane di essere più presenti nell’aiuto concreto a quei giovani di origine italiana che non vogliono recidere il legame con la nostra penisola, con una leggera punta polemica. Non deludiamoli.
19.45 Decollo.
Questo pomeriggio ho incontrato Fabio e Gaspare, due volontari italiani che mi parlano della loro esperienza. Per il primo, che ho conosciuto all’Ambasciata sudafricana a Roma nel mese di Aprile, rapporti difficili con il management FIFA e splendido con i volontari locali. ” Giocavamo spesso a calcio e quando stavo per segnare un gol mi dicevano di non farlo”. Bafana Bafana.!!!! “Voglio restare per un altro mese. Qui mi entusiamo di tutto e le vacanze pugliesi sono monotone” aggiunge convinto e raffreddato.Vivono in una bella villetta alla periferia di Johannesburg, ospiti paganti per 10 euro al giorno. Sono senza mezzi di trasporto privati e questo è un limite insopportabile in una città dove senza auto non puoi comprare neppure un uovo, che si trova appunto nel più vicino shopping center. Video con giapponesi a cui fanno gridare parole in italiano censurabili, pessimo giudizio sul cibo per i volontari, ti siedi senza problemi ai tavoli dei bar dove c’è già gente, i neri ci osservano con curiosità ma non male, i nostri padroni di casa guardano tutte le partite di calcio che vengono trasmesse in TV 24 ore su 24 ed esultano a qualsiasi gol di qualsiasi squadra. Sono stato seguito e fermato di notte quando avevo la macchina di un amico ma ho capito la malparata dei finti vigilantes e sono scappato in modo rocambolesco. Capperoni, anche lui!!! L’Italia è vista molto bene per lo stile eleganza Ferrari moda. “Vorrei organizzare la partenza domani per il Krugher e Durban” mi dice ansioso il siciliano Gaspare. Mappe, indicazioni, nome di hotels in Swaziland. Ciao, splendidi ragazzi italiani in giro per il mondo. Fatevi onore, anche con le girls, mi raccomando!!! Lol
La mia Italia ferita calcisticamente la penso, dopo il dramma, con dolcezza. Impaurita e sconfitta ha bisogno di attenzione e comprensione. Certo, non dimentico la figuraccia. Ma l’urlo sul rigore di Grosso, con abbassamneto della voce per due giorni, è troppo recente per essere messo in soffitta. Ma tu ritorni in Italia, mi dicono, quando esprimo il mio stato d’animo. Noi restiamo qui a prenderci gli sberleffi. Mica tanto, ancora Bafana Bafana. Trasporti e camerieri: dolenti note del Sudafrica. Trasporti inesistenti. Solo centinaia di questi taxi da 8/10 posti usati solo dai neri. I passeggeri ai cigli delle strade indicano con le dita il luogo da raggiungere. Indice, centro città; pollice, Sandton; tre, Soweto. Ed io, ridacchiando: “E se usi il medio???”. Il parco auto è eccellente, europeo. Nessuna macchina in panne come invece molto frequente nella mia querida Argentina. Aceituna docet. I camerieri: specchio o specchio deformato del Paese. In totale prevalenza neri. Pasticcioni, ritardatari, casinisti, senza professionalità. Ho osservato le performance di uno di questi in una delle più splendide catene di pasticcerie, Fournos. Definirlo attore da tappeto rosso hollywoodiano è il minimo. Stravaganze irritanti. Risate e pacche con i colleghi, giocherelli con le scatolette di marmellate, lettura di giornale, passi di paso doble inaspettati, bevuta di acqua a canna. Adesso ci manca che metta le dita nel naso ed il gioco è fatto, dico a Nelson che condivide con me una splendida apple pie.
Ore 6.05 Parigi
Dopo un bel sonno riprendo a prendere appunti sui recenti ed ultimi ricordi. Cooperazione Internazionale: il mio impegno come Presidente dell’Associazione di Volontariato “Punto a Capo”, che opera nell’ambito degli aiuti umanitari ai Paesi in via di sviluppo, ha trovato facile spazio con l’uscita dell’Italia. Infatti se fosse arrivata prima nel suo girone avrebbe giocato a Pretoria, boccaccia mia statte zitta!! Questo mi ha però permesso di passare un intero pomeriggio con tre ragazzi del Ruanda che studiano a Johannesburg. Sono di etnia tutsi e nel ’94 molti di loro sono stati massacrati nella nota lotta fratricida con gli Hutu. Non entro nel merito delle responsabilità di quel massacro che ha fatto 800 mila morti su 9 milioni di abitanti, anche se qualche nostro Paese confinante (!) potrebbe aver avuto qualche ruolo, magari solo quello di far finta di niente.
Tre studenti in ingegneria, due con il proprio padre ucciso. Lontani dal loro Paese per paura e per studiare dove ne hanno possibilità. Per costruirsi un futuro. Non hanno mezzi di sostentamento e solo l’assistenza della ” Student Associacion in South Africa” ha loro permesso di proseguire gli studi. Ho promesso loro di impegnarmi per un aiuto concreto. Spero che anche voi mi seguiate in questo nuovo challenge. Nel pomeriggio siamo entrati assieme in auto nella township di Alexandra. Arnaud alla guida, al suo fianco Jannick. Io e Rugiero nei sedili posteriori. Le strade sono un continuo supermercato all’aperto per chilometri, gestito prevalentemente da donne, con dei tavolini bassi dove viene esposta ogni tipo do merce. Di tutto. Anche le viscere degli animali, of course…. Case basse ed alcune in muratura. Gente tutta di pelle nera. Uomini in crocchi che chiaccherano, aspettano, discutono, ci guardano. Vivono in questo slum 200 mila persone. Disoccupazione al 60 %. Aids al 20%. Il calcio non mi fa dimenticare queste realtà che restano uno dei miei principali “pensieri dominanti” in questa tappa della mia vita.
Mal d’Africa: su di me non ha avuto effetto. Sento invece il desiderio della mia casa famiglia risotto alla milanese Lombardia. Soprattutto per camminare
nelle isole pedonali di Milano, Como o sulla passeggiata di Viareggio. Anche senza le jacaranda di Pretoria che ho visto purtroppo senza il loro vestito blu. Non mi mancherà per niente Johannesburg, autostrade e shopping center. Il pressapochismo. La mancanza di concisione (per indicarti una strada è come iniziasse una favola) che i neri hanno trasmesso ai bianchi. L’automatico tentativo di approfittarsi. La chiusura mentale degli afrikaaners che ha sempre la sua brace attiva pronta a riattivarsi. Mi mancheranno alcuni sorrisi accecanti su pelle nera. La loro spontaneità. In alcuni casi la loro concezione del tempo. La disponibilità. Avvertirò da lontano il calore della splendida comunità italiana con Casa Serena ed il Club italiano, la genuinità di Carlo Bravetti, le canzoni cover italiche del CD di Riva mentre andavamo a prendere il caffè. Questi italiani ci fanno sentire l’Italia, come molte volte dimentichiamo, la nostra Patria, anche con i suoi cento comuni che sono la nostra diversità nell’unità.I nostri emigranti ci insegnano ad amare l’Italia.
Potrò solo studiare sui libri la vita di un grande uomo che è Nelson Mandela e sarò obbligato a vivere invece le meschinità della nostra attuale classe politica. Il periodo storico recentemente vissuto dal Sudafrica è un insegnamento alla tolleranza ed alla convivenza pacifica. Ma soprattutto dovrò definitivamente stampare assumere inglobare dentro i miei cromosomi gli open space che mi hanno trafitto con la loro bellezza. Meravigliosi nella loro essenza. Unici. Come diamante è stato viverli con te, figlia mia.
Sono le 8.45 e l’aereo semivuoto atterra a Linate. Milano.
Lombardia, I love you.