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ITALIA E BRASILE DEVONO AFFRONTARE INSIEME IL PROBLEMA DELL’IMMIGRAZIONE IRREGOLARE

Editoriale di Daniele Marconcini presidente dell’Associazione

Mantova 06 marzo 2009. – Nella giornata di ieri sul volo della Tam  Milano a Sao Paulo – Aeroporto Internacional de Guarulhos, sono stati imbarcati i 75 cittadini brasiliani colpiti dal provvedimento di espulsione con accompagnamento obbligatorio alla frontiera a seguito dell’indagine di polizia, scattata nel mantovano con la scoperta di un giro di passaporti e patenti portoghesi e spagnoli falsi. Un’inchiesta che sta estendendosi in tutta Europa con il coinvolgimento dell’Interpol. Ovviamente assieme sono partiti anche i familiari, essendo molti tra coloro che sono stati colpiti dall’espulsione l’unica fonte di reddito della famiglia. E’ difficile quantificare quante siano effettivamente le persone che alla fine sono partite in seguito al provvedimento, ma si può stimare il loro numero attorno alle 200 persone. Fonti della comunità brasiliana di Mantova ci hanno informato che molti di loro in quattro e quattr’otto hanno comunicato ai propri datori di lavoro la decisione di licenziarsi senza preavviso per ragioni personali dovute al fatto di dover rientrare al più presto in Brasile (non potendo ovviamente certo dire di essere tra i 75 oppure di avere un familiare tra gli espulsi).  Ad esse sembrano essersi aggiunti brasiliani con cittadinanza italiana, improvvisamente spariti da Mantova, allertati dalle chiamate di coloro che si stavano imbarcando per Malpensa .

Un particolare: sembra che il governo italiano non pagherà il costo del volo, e che quindi il governo brasiliano dovrà indennizzare la TAM (salvo l’eventuale azione di rivalsa da parte dello Stato brasiliano).  Non sappiamo intanto la reazione che avrà il governo brasiliano rispetto a questo rimpatrio di “massa”. E’ di questi giorni la notizia che anche la questione dei rimpatri di immigrati clandestini sta creando problemi tra l’Italia e il Brasile. Il Paese sudamericano, infatti, pretende, per accettare un rimpatriato dall’estero per motivi di polizia, che il soggetto sia consenziente. In pratica deve controfirmare il decreto d’espulsione.  Il Ministro dell’ Interno, Roberto Maroni, in questi giorni ha informato il ministro degli Esteri, affinché rinegozi l’accordo sul rimpatrio in quanto questa norma mutuata da quella sul rimpatrio dei detenuti, di fatto rende impossibile il rimpatrio.

Ritengo che la proposta di Maroni, sia l’occasione per coinvolgere il  Governo Brasiliano (con lo stesso spirito che ha animato ambedue i paesi nella lotta al turismo sessuale nel Nord Est brasiliano),  affrontare il tema della presenza di viados e prostitute brasiliani, presenti soprattutto in Lombardia. Quando un transessuale brasiliano viene controllato e non ha documenti, è necessario, per rimandarlo al Paese di origine,  il lasciapassare identificativo del Consolato brasiliano e la firma della persona che dovrebbe tornarsene a casa.  Se lui non firma, non se ne fa nulla.  E nel caso in cui si riesca a procedere, bisogna impegnare due agenti che lo accompagnino fino al suo Paese. Quindi lo Stato si sobbarca l’onere dei biglietti aerei per tre persone e del pernottamento dei due poliziotti che, comunque, vengono distaccati dai loro compiti istituzionali. Se costoro sono malati di AIDS possono invece chiedere, come  tutti gli stranieri  gravemente ammalati, scaduti i tre mesi dal timbro di ingresso sul passaporto un permesso di soggiorno per cure mediche  di durata pari a quella del trattamento sanitario ed è rinnovabile finché perdurano le necessità terapeutiche; questo viene richiesto insieme ad un visto specifico per cure mediche della durata massima di un anno.  Il problema non è la malattia, è che molti continuano a prostituirsi alimentando il pericolo di contagio.  Un pericolo che rischia di aumentare, se non cambieranno le norme contenute nel  ‘Pacchetto sicurezza‘, approvato il 5 febbraio, potendo gli operatori sanitari segnalare alle autorità gli immigrati irregolari, con il rischio di creare una sanità clandestina e di diffondere eventuali focolai di malattie trasmissibili.

In Italia vivono in questo momento almeno 540mila clandestini. Il dato è venuto a galla calcolando semplicemente le domande eccedenti rispetto ai posti previsti dal decreto flussi varato dal governo Prodi.  Ma è una stima al ribasso: secondo l’ultimo dato del Viminale vengono rintracciati 124mila clandestini l’anno. Questi rappresentano però soltanto un quarto della presenza irregolare in Italia. Guardando le cifre delle espulsioni effettive, si capisce in fretta come mai questa presenza irregolare si gonfi di anno in anno. Un esempio: nel 2006 sono stati espulsi davvero, con riaccompagnamento alla frontiera, 13.397 clandestini. Ma gli identificati erano stati 124.383, e i clandestini reali molti di più, almeno mezzo milione, come detto.  La proporzione è di circa un clandestino espulso dall’Italia su dieci identificati. E si parla sempre dell’universo dei clandestini noti, non quello che sfugge alle maglie dei controlli; in questo caso si arriva all’assurda statistica di 2 espulsi circa ogni 100 irregolari. Il trend mostra come nei primi anni dopo l’entrata in vigore della legge Bossi-Fini il numero degli espulsi reali sia aumentato, ma sia poi bruscamente diminuito nel 2006, con una tendenza non buona per il 2007, nel 2002 furono espulsi il doppio dei clandestini, 25.226, con un dato pressoché uguale degli identificati.

E gli altri? Molti ricevono solo il cosiddetto foglio di via. Nel 2006 sono stati 77562 gli ‘invitati ad allontanarsi‘.  Quanti sono quelli partiti realmente?  Duemilatrecentonovantasei, un trentacinquesimo. Più di 75mila sono rimasti. E anche i cpt, i centri di accoglienza temporanea introdotti dalla legge Turco Napolitano del ’98, sembrano avere maglie larghe. Nel primo trimestre del 2007, sono transitati 1799 clandestini, ma quelli espulsi sono stati 724. Gli altri si presume siano liberi: più della metà riesce a non farsi identificare ed esce per scadenza dei termini.

E in Lombardia? Nel 2007 sono passati da Milano Malpensa più di 20mila immigrati privi del permesso di soggiorno rinnovato. Per vari motivi (disguidi, regolarizzazioni in corsa, richieste di asilo politico, gravidanze, bambini da mantenere in Italia) l’espulsione è scattata unicamente per 3.088 di loro, ma solo 653 sono stati imbarcati su un aereo e rimpatriati: uno su cinque. Tutti gli altri sono rimasti in Italia. Se si guardano questi dati numerici, si può certamente vedere la portata dell’indagine mantovana, già estesa su scala europea.

Un recente stima indica che dal Brasile sono emigrate circa 500mila persone. Senza contare coloro che si sono naturalizzati acquisendo la cittadinanza  italiana (e di cui non si ha una stima), si calcola che in Italia siano  residenti oltre 30mila brasiliani, in percentuale l’1,4% della popolazione straniera residente nel nostro territorio (circa 150 paesi), garantendo uno dei maggiori volumi di rimesse in denaro. Nella quota dei flussi, avendo l’Italia privilegiato colf e badanti la quota riservata ai brasiliani è praticamente inesistente con una quota degli assunti non arriva al 2% del totale degli immigrati, i brasiliani occupano il 15% 15° posto nella classifica dei titolari di impresa con cittadinanza estera per principale settore di attività economica, mentre nel caso dell’imprenditoria al femminile, la posizione brasiliana è all’8° posto. I brasiliani hanno una grande presenza nel settore di servizi professionali, come servizi alle imprese suddivisi in società di pulizie, attività immobiliari, noleggio, servizi di assistenza informatica.

Detto questo, dopo la discussione che si è sviluppata in Brasile sulla mia presa di posizione pubblica per sollecitare una nuova legge per l’acquisizione della cittadinanza italiana, (a fronte di un milione di domande di oriundi giacenti nei consolati italiani di Brasile e Argentina ) e la condanna dell’immigrazione irregolare brasiliana e del fenomeno della falsificazione di documenti in Italia e all’estero, vi è l’urgente necessità di trovare un chiarimento istituzionale tra Italia e Brasile. Due paesi legati da solide tradizioni di amicizia ed economiche, avendo tra l’altro in comune una comunità di 26 milioni di discendenti di italiani in Brasile.  Questo tenendo conto sia dell’ attuale situazione politica italiana e del dibattito che ne consegue sia sull’ immigrazione e sia sull’interesse e la percezione che vi è in Italia sul tema degli italiani all’estero.  A tal fine un contributo decisivo lo possono dare i parlamentari italiani eletti all’estero, tra cui l’on. Porta a cui va il mio apprezzamento e stima personale per il costruttivo e permanente scambio di vedute con l’Associazione che presiedo ed al Consigliere lombardo Mario Araldi per l’intervento che svolgerà per aprire una discussione presso il CGIE, auspicandone un preciso impegno presso le opportune sedi parlamentari e di governo.

Daniele Marconcini
Presidente Associazione Mantovani nel Mondo Onlus
Rappresentante del Consiglio Regionale nella Consulta dell’Emigrazione Lombarda