Nelle intenzioni dell’AMM questa incontro dovrà portare ad un Convegno a Mantova sulla storia e sulla presenza dei Cimbri e dei “Mantovani nelle montagne” che sono emigrati nella nostra provincia dal veneto e dal Trentino e a una Festa annuale che coinvolga i Comuni mantovani interessati da questa emigrazione.
Una presenza quella cimbra e delle popolazioni delle montagne veronesi e trentine recente nei Comuni mantovani di Roverbella, Goito e Marmirolo e una antica risalente ai primi del 1500 nel Comune di Roverbella e precisamente nella frazione di Malavicina. Una presenza attestata da una ricerca svolta presso l’Archivio storico Diocesano di Mantova dal sottoscritto che attesta una emigrazione su richiesta dei Duchi di Gonzaga di contadini cimbri dalla Lessinia veronese per colonizzare un’area del Comune di Roverbella già nel 1513. I cimbri sono emigrati assieme ai mantovani e ai veneti in Brasile alla fine dell’ 800. Chi fosse interessato a partecipare telefoni al 3494178754 oppure mandi una mail a mantovaninelmondo@gmail.com .
Daniele Marconcini Presidente dell’AMM Onlus
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I cimbri sono i membri di una minoranza etnica e linguistica attualmente stanziata in pochi centri sparsi nell’area montuosa compresa tra le provincie di Trento (Luserna), Vicenza (altopiano dei Sette Comuni, in particolare Roana), e Verona (Tredici Comuni, in particolare Giazza). Una minuscola isola cimbra, di origine più recente, si trova inoltre sull’altopiano del Cansiglio (provincie di Belluno e Treviso). Benché il loro idioma distintivo, la lingua cimbra, sia ormai in forte regressione e parlato solo da una sparuta minoranza, i cimbri possono comunque essere considerati un gruppo etnico a sé stante con usanze e tradizioni derivate dalla loro ascendenza germanica.
Le origini del popolo cimbro si perdono nella leggenda. Una tradizione, infatti, la ritiene diretta discendente dell’omonimo popolo, proveniente dall’attuale Jutland, in Danimarca. I cimbri antichi invasero l’Italia sul finire del II secolo a.C. ma, sconfitti dall’esercito romano guidato da Gaio Mario e ridotti a pochi superstiti, si ritirarono attorno alle prealpi Venete mantenendo linguaggio e cultura.
Molti scrittori del passato, come il vicentino Natale Dalle Laste, ma anche studiosi non vicentini tra i quali il Salmon, il Tentori ed il Busching vedono negli abitanti dei Sette Comuni i discendenti dell’antico popolo dei cimbri. Lo stesso Busching scrive, ricordando l’episodio della visita sull’altopiano del re di Danimarca: « Conservasi anche oggidì in questo Distretto l’antico Cimbrico linguaggio; o per meglio dire l’idioma Sassone moderno; ma con tanta perfezione che abboccatosi con alcuno di questi abitanti Federico IV Re di Danimarca, il quale trovandosi in Italia nel 1709 incredulo sì della loro origine, come del linguaggio, volle personalmente riconoscere la verità col visitare il Distretto, e protestò che nella sua Corte non si parlasse così forbitamente » (Anton Friedrich Busching, Nuova Geografia, tomo XXII, p. 150.)
A tal proposito, sul finire del XVIII secolo lo storico Silvestro Castellini scriveva: « È comune opinione, che quei pochi Cimbri, che vivi scamparono da tanta strage, si ridussero in questi nostri monti, ove ora sono li Sette Comuni; ed ivi nascondendosi, e salvandosi in quei valloni, e in quelle altissime
selve, vi si fermarono, fatto disegno di non tornar più a casa; e talmente vi s’annidarono, che ancor oggidì vi son i loro posteri, i quali col linguaggio, che non è né italiano né tedesco, danno certo indizio della loro origine. E tanto più ci fa credere, e tener per certa questa opinione, quanto che fino al presente i detti abitatori conservarono il nome di Cimbria ad una contrada, la quale dissero che fosse la lor prima abitazione » (Silvestro Castellini, Storia della città di Vicenza, tomo I, p. 64.)
Anche per lo storico veronese Scipione Maffei l’origine della lingua viene ricondotta ai cimbri dello Jutland:« Abbiam quivi avvertito, come il linguaggio è tedesco, benché alquanto diverso dal più comune, e come vien pronunziato per ja, non per jo, e così in tutte le voci; con che si fa chiaro, non esser originato dalle provincie di Germania confinanti con questa parte, ma dalle remotissime, e adiacenti all’Oceano germanico » (Scipione Maffei, Verona illustrata, vol. IV, p. 413.)
Ugualmente scriveva Marco Pezzo, in Dei Cimbri, veronesi e vicentini:« E sapiamo noi, che nella Gozia, e nella Norvegia, e nella Svezia, e nella Danimarca (che dee chiamarsene il centro) e nei Bassi Paesi e nelle Isole Britanniche generalmente intendono questo nostro parlare, avegnacché abbian di lui un differente Dialetto » (Marco Pezzo, Dei Cimbri, veronesi e vicentini, libro I, p. 60.)
Ancora recentemente Mario Rigoni Stern si riallaccia a tale filone ricordando come la toponomastica storica dell’altopiano dei Sette Comuni sia legata alla mitologia scandinava[1]. Nella narrativa e nel folklore altopianese vengono inoltre spesso citate figure appartenenti alla mitologia norrena, e, come ricordato da Rigoni Stern, ancor oggi la maggior parte dei toponimi locali ha un significato etimologico legato alla mitologia vichinga[2].
In realtà uno studio genetico ha mostrato delle differenze significativa tra gli attuali cimbri italiani e le popolazioni della regione danese dell’Himmerland[3]. Va comunque ricordato che un forte melting pot ha interessato ambedue le popolazioni nel corso dei secoli, inoltre l’analisi ha interessato solo un esiguo campione della popolazione (alcuni abitanti di Roana da parte italiana). Ancora, non è chiara l’ascendenza dei cimbri antichi, se celtica o germanica. È probabile che la tendenza di origine romantica abbia portato a cercare un’eredità remota non dimostrabile, fenomeno presente nell’Ottocento europeo ad ampiamente studiato per altre popolazioni[4]. Un’ipotesi sull’origine longobarda dei cimbri moderni venne avanzata nel 1948 da Bruno Schweizer e ripresa nel 1974 da Alfonso Bellotto[5] e nel 2004 dal linguista cimbro Ermenegildo Bidese[6]. Tuttavia la maggioranza dei linguisti resta legata alla teoria della migrazione medievale[7].
Le migrazioni germaniche del basso medioevo[modifica | modifica sorgente] La maggioranza della comunità scientifica ritiene che i cimbri discendano da coloni tedeschi chiamati da feudatari imperiali tra il X ed il XII secolo a popolare l’Altipiano di Asiago, e qui impiegati in lavori di stroncatura dei boschi (dall’equivalente termine tedesco verrebbe la stessa denominazione di “cimbri”) e quindi di allevamento ed agricoltura.
Il primo ad avanzare tale ipotesi fu il padre della dialettologia tedesca Johann Andreas Schmeller, in una memoria del 1834, in cui affermava che la parlata dei cimbri costituiva un’evoluzione del tedesco meridionale del XII e XIII secolo[8].
Un gran numero di documenti medievali, ritrovati da Carlo Cipolla, attesta a partire dal X secolo un costante spostamento di popolazioni dall’area germanica alle vallate di Trento, Verona e Vicenza[9]. Uno studio[10] recente (2008), condotto dallo Iowa State University, ripropone tuttavia prepotentemente la tesi delle origini gotiche dei cimbri, piuttosto che quella delle origini bavaresi.
A partire dalla metà del X secolo comunque, la zona dell’altopiano dei Sette Comuni fu interessata da consistenti ondate migratorie provenienti da un’area della Germania meridionale, al confine tra Baviera, Svevia e Tirolo, allora dipendente dal monastero di Benediktbeuern[11]. Il convento era infatti in contatto con l’abbazia di Santa Maria in Organo di Verona, a sua volta legata all’abbazia di Santa Croce, a Campese; quest’ultima possedeva
delle proprietà presso Foza, ed è quindi probabile che i primi cimbri si fossero stanziati qui, espandendosi poi nei dintorni.
Il più antico insediamento cimbro, come già accennato, è forse quello di Foza e risale alla metà del X secolo. Dopo essersi espanso in tutto l’altopiano dei Sette Comuni, il gruppo colonizzò Posina (inizi XII secolo), e quindi, nell’attuale Trentino, Folgaria e Costa Cartura. Fu il vescovo-principe di Trento, Friedrich von Wangen, ad autorizzare nel 1216 lo stanziamento di coloni provenienti da Asiago sull’altopiano di Folgaria e Lavarone, perché lo disboscassero.[9]. Nel Duecento, gli spostamenti procedettero verso est (Lavarone, Luserna), (Terragnolo e Vallarsa).
Da Posina, invece, i cimbri si espansero nel Tretto e a Valli del Pasubio. All’inizio del XIII secolo se ne trovano anche a Schio e a Malo (nel 1407 il vescovo di Vicenza separò amministrativamente Malo e Monte di Malo perché in quest’ultima predominava l’elemento germanico). Da Schio si insediarono poi a Recoaro e a Valdagno, e da qui ad Altissimo[12]. Tali insediamenti costituirono la massima espansione dei tedeschi a sud delle Alpi; tuttavia nel Veronese a partire dal Quattrocento si verificò una inarrestabile emorragia demografica, che portò alla frammentazione del gruppo etnico e alla perdita della lingua. Al contrario, le colonie dei Sette Comuni conobbero un periodo di fioritura nel XVII e XVIII secolo, grazie all’autonomia politica riconosciuta dalla Repubblica di Venezia, con la nascita di una letteratura autoctona[9].
La Federazione dei Sette Comuni Per approfondire, vedi Federazione dei Sette Comuni. All’inizio del Trecento le popolazioni dell’altopiano di Asiago si unirono in una federazione tra i Comuni, per governare in modo il più possibile autonomo la loro vita e difendere le loro “Freiheiten”, sostantivo plurale che nel tedesco attuale significa “le liberta” benché, di fatto, traducibile in privilegi o esenzioni fiscali. La Federazione dei Sette Comuni era tuttavia già concretamente nata nel 1259 (vale a dire dalla caduta degli Ezzelini) sotto il nome di Lega delle Sette Terre Sorelle. Si trattava di una piccola nazione indipendente comprendente il territorio oggi conosciuto come altopiano dei Sette Comuni e alcune altre località contigue (oggi appartenenti ad altri ambiti amministrativi), nelle attuali Province di Vicenza e di Trento. Fu la più antica federazione al mondo paragonabile a un moderno Stato federale.
Sul finire del XIII secolo due cimbri, di cui uno da Altissimo, vengono autorizzati dal vescovo di Verona a fondare alcune decine di masi in Lessinia, dove verrà a fondarsi un’altra importante comunità cimbra (i “Tredici Comuni”)[12]. Relativamente a questi ultimi, Carlo Cipolla (Verona, 1854 – 1916) ha così ricostruito la cronologia delle colonizzazioni:
1300: i primi coloni bonificano Velo Veronese fino al 1333: radicamento numeroso a Badia Calavena e a Boscochiesanuova, Cerro e Camposilvano;
1340: a Valdiporro, Selva di Progno e San Bortolo delle Montagne
1345: verso sud a San Mauro di Saline e Tavernole
1380: ad ovest verso Erbezzo e a nord est a Giazza e Campofontana
1390: a Bolca e nella parte orientale del comune di Sant’Anna d’Alfaedo, all’incirca nel territorio delle frazioni di Ceredo, Cescatto e Vallene.
I cimbri nella Serenissima In seguito le migrazioni si fecero sempre più consistenti, anche da zone più vicine, come la Val Venosta. Ancora sotto la Serenissima (la zona passò sotto Venezia nel 1405) il governo richiamò un gran numero di esperti minerari tedeschi che finirono per fondersi con i cimbri preesistenti. Invero, il termine “cimbro” compare solo nel XIV secolo, mentre prima di allora erano definiti genericamente “todeschi” e “teutonici”.[11][13].
La minoranza dei Sette Comuni conobbe per tutto il periodo veneziano un periodo di fioritura, essendo stata riconfermata larga autonomia alla Federazione. Per quanto riguarda i cimbri della Lessinia, nel 1403 venne inoltre istituito il Vicariato della Montagna dei Tedeschi detto anche della Montagna Alta del Carbon e, dal 1616 XIII Comuni Veronesi. Ebbero tuttavia minore autonomia rispetto ai Sette Comuni.
Nell’epoca d’oro, tra il Cinquecento e il Settecento, la popolazione cimbra contava circa 20.000 persone, con istituzioni che godevano di una certa autonomia amministrativa. In questa epoca di massima estensione, erano totalmente o in maggioranza cimbre, le aree coperte dagli odierni comuni:
Provincia di Vicenza: Asiago (Slege), Roana (Robaan), Rotzo (Rotz), Gallio (Ghèl), Enego (Ghenebe), Foza (Vüsche), Lusiana (Lusaan), Conco (Kunken), Laghi, Posina (Posen), Valstagna, Valli del Pasubio, Recoaro Terme (Recobör, Rocabör o Ricaber[14]) Altissimo, Crespadoro. Provincia di Trento: Folgaria (Folgrait), Lavarone (Lafraun), Luserna (Lusern), Terragnolo (Leimtal), Trambileno (Trumelays), Vallarsa (Brandtal), Centa San Nicolò (Tschint, la toponomastica farebbe pensare piuttosto ad un’appartenenza all’area mochena), parte di Ala (la Val di Ronchi-Reuttal)Provincia di Verona: Selva di Progno (Brunghe[15]), Badia Calavena (kam’ Abato[16]), Velo Veronese (Veljie[17]), Roverè Veronese (Roveràit), Bosco Chiesanuova (Nuagankirchen), Erbezzo (Bisan), San Mauro di Saline (San Moritz, Salain), Cerro Veronese (kame Cire[18]), parte di Sant’Anna d’Alfaedo.
Dall’Ottocento ad oggi
Con l’arrivo di Napoleone, la Federazione venne abolita, provocando un inarrestabile declino economico e culturale per la popolazione locale. Una parte della popolazione cimbra si trasferì allora sull’altopiano del Cansiglio, dando origine alla più recente isola linguistica. I villaggi cimbri del Cansiglio sono Vallorch e Le Rotte nel comune di Fregona (TV), Val Bona, Pian dei Lovi, Canaie Vecio, e Pian Canaie nel comune di Tambre (BL), Campon, Pian Osteria e I Pich nel comune di Farra d’Alpago (BL).Dalla seconda metà dell’Ottocento, anche i cimbri parteciparono all’emigrazione italiana in Sudamerica, fondando centri soprattutto nello Stato brasiliano di Rio Grande do Sul, dove era già presente una forte comunità tedesca. I centri cimbri australi presero i nomi di Luserna, Nova Trento (oggi Flores de Cunha), Paraì presso Nova Bassano, San Rocco presso Antônio Prado.[9]
Il colpo mortale per la comunità cimbra, attraversata dalla frontiera tra Regno d’Italia e Impero Austro-Ungarico, venne dallo scoppio della prima guerra mondiale. I 900 abitanti di Luserna, in terra austriaca, dovettero abbandonare in fretta le proprie case e furono sfollati presso Aussig, in Boemia; poterono rientrare solo nel 1919, a guerra terminata, e dovettero ricostruire l’intero villaggio, raso al suolo.[9] Anche gli abitanti dei Sette Comuni si trovarono in piena linea di fronte e l’altopiano fu teatro di alcune tra le battaglie più cruente. La popolazione locale fu evacuata nella pianura Padana, dove la guerra all’Austria favorì il processo di assimilazione. Il ventennio fascista impose poi l’italianizzazione forzata, con il divieto di utilizzo della parlata cimbra. Negli anni trenta, a seguito degli accordi Mussolini-Hitler, cimbri e mocheni ottennero la possibilità di optare per il Reich: aderirono in 280, trasferiti nella Boemia-Moravia occupata.[9]
Durante la seconda guerra mondiale, il linguista bavarese Bruno Schweizer fece parte della Bozner Kulturkommission, occupandosi principalmente della minoranza cimbra, e raccogliendo una ingente mole di dati su vocaboli, espressioni idiomatiche, leggende, usi e credenze dei cimbri. Nel 1943
Schweizer scrisse una petizione, a nome dei cimbri dei Sette e dei Tredici Comuni, al Commissario supremo per la zona d’operazioni nelle Prealpi; in
tale petizione (mai inviata per via della posizione sospetta dello studioso, non allineato al NSDAP) Schweizer chiedeva il ripristino dei privilegi concessi da Venezia e lo stabilimento di una repubblica autonoma con capitale Asiago, oltre al bilinguismo e al ritorno dei lavoratori coatti cimbri dalla Germania.[9]
Situazione attuale
Il boom economico del secondo dopoguerra e lo spopolamento delle vallate montane verso la pianura veneta hanno causato una nuova diaspora cimbra, con l’assottigliarsi del numero dei parlanti alloglotti.I cimbri sono oggi protetti, a livello internazionale, dall’adesione dell’Italia alla convenzioni del Consiglio d’Europa sulla protezione delle minoranze: la Carta europea delle lingue regionali o minoritarie (in vigore dal 1º marzo 1998, firmata ma non ancora ratificata dall’Italia[19]) e alla Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali (dal 1º marzo 1998)[20] A seguito di tali impegni internazionali, la Legge 482/1999 per la “tutela delle minoranze linguistiche” ha modificato pluridecennali indirizzi omologanti sul piano socioculturale. Su impulso dell’art.3 di tale normativa, che garantisce un ruolo ad organismi di coordinamento e proposta che raggruppino minoranze linguistiche presenti su territori regionali e provinciali diversi, si è costituito nel 2002 a Luserna il Comitato unitario delle isole linguistiche storiche germaniche in Italia, che riunisce i rappresentanti di varie minoranze germanofone dell’arco alpino, dalla Valle d’Aosta al Friuli[9].
Ad oggi si stima che le persone in grado di parlare o comprendere il Cimbro siano non più di un migliaio, stanziate soprattutto in trentino nel comune
di Luserna (Lusèrn). In Veneto sono ridotti a poche decine, concentrati nel comune vicentino di Roana (Robaan), specialmente nella frazione di
Mezzaselva (Mittebald/Toballe), e a Giazza (Ljetzan) nel comune veronese di Selva di Progno (Prunghe).
In particolare, a Luserna si contano circa 400 alloglotti, più 600 lusernesi extra muros che, pur spostatisi al di fuori del villaggio, mantengono
contatti e parlano l’idioma.[9] A Roana sono appena una decina, mentre a Giazza circa quaranta residenti parlano o comprendono il cimbro, cui si
aggiunge una quarantina di emigranti.[21] n882 persone si sono registrate come appartenenti all’etnia cimbra nel censimento del 2001 in provincia di Trento: 267 a Luserna (89,9%) e 615 in altri comuni.[22] La Regione Veneto non prevede ancora questo tipo di rilevazione, perché a differenza del Trentino-Alto Adige/Südtirol non esistono leggi specifiche per la salvaguardia e valorizzazione delle minoranze linguistiche storiche.
Oltre alla lingua, l’identità cimbra si distingue per alcuni caratteri propri; tra questi[9]: le manifestazioni del sentimento religioso, come le processioni campestri di primavera, che riecheggiano i riti antichi; l’albero di tiglio (lint) presente al centro della piazza principale dei villaggi cimbri, sotto i cui rami fino all’Ottocento era amministrata la giustizia Nei comuni dove sopravvive la parlata, sono presenti istituzioni culturali e museali che cercano di tutelare e sviluppare l’identità cimbra: Kulturinstitut Bernstol-Lusèrn, istituto culturale mocheno-cimbro, e Documentationszentrum Lusèrn, con il notiziario Lem: Bernstol-Lusèrn a Luserna (TN)Istituto di Cultura Cimbra “Agostino Dal Pozzo” (Quaderni di cultura cimbra) e Museo della Tradizione Cimbra a Roana (VI) Curatorium Cimbricum Veronense a Giazza (VR), con il corso di cimbro vivo Tzimbar Lentak presso il Museo Etnografico dei Cimbri, e la rivista Cimbri/Tzimbar. corso di cultura cimbra Bar lirnan tauc presso le scuole elementari di Selva di Progno-Sant’Andrea (VR)
Inoltre esistono istituzioni culturali “simpatizzanti” sia in Germania che in Austria:
Curatorium Cimbricum Bavarense a Landshut Freunde der Zimbern a Salisburgo Cimbrenfreundeskreis a Tiefenbach.
Note
^ Mario Rigoni Stern, nel libro Sentieri sotto la neve, Ed. Einaudi, 1998,
Segni Lontani ^ È il caso ad esempio della montagna più alta dei Sette Comuni (il Monte Ferozzo) e della Val Frenzela (italianizzazione di Freyentaal), località dedicate a Freya, come pure il Monte Ferac (da Frea-ac, dimora della dea Frea); vi sono poi siti dedicati alla dea Mara come la Martaal (cioè valle di Mara, la valle che separa Rotzo da Roana) e la sorgente Marghetele (orticello di Mara); località dedicate alla pitonessa Ganna (come la
Valganna) o al dio Thor (come il monte Thor nei pressi dell’Ortigara). La dea sassone Ostera è ricordata nello scoglio che sovrasta Pedescala, detto
Ostersteela, e in Foza nella contrada chiamata appunto Ostera. Il ricordo di altre divinità menzionate nell’Edda islandese è rimasto anche sull’Altipiano: Balder (ricordato dal folletto od orco Baldrich); Höðr (a cui è dedicata la collinetta ai cui piedi si trova l’ex stazione ferroviaria di Asiago e che una volta era detta Hodegart, ossia orto di Höðr); Synia (ricordata dal monte Sunio). L’Edda, fra le altre divinità, nomina anche una certa Skada, figlia del gigante Thiasse: questa dea è ricordata dal nome del paese di Treschè Conca di Roana, che un tempo in cimbro era chiamato appunto Skada. Cfr. Antonio Domenico Sartori. Storia della Federazione dei Sette Comuni vicentini, ed. L. Zola, Vicenza, 1956: “L’antichità delle origini religiose sull’altopiano dei Sette Comuni” ^ No Signature of Y Chromosomal Resemblance Between Possible Descendants of the Cimbri in Denmark and Northern Italy American Journal Of Physical Anthropology
^ Vedasi ad esempio il libro “L’invenzione della tradizione”, curato da: Eric Hobsbawm e Terence Ranger in cui si analizzano fenomeni simili per la
Scozia, la Germania o la Francia^ Bruno Schweizer: Die Herkunft der Zimbern. In: Die Nachbarn. Jahrbuch für vergleichende Volkskunde 1, 1948, ISSN 0547-096X, S. 111-129.; Alfonso Bellotto: Il cimbro e la tradizione longobarda nel vicentino I. In: Vita di Giazza e di Roana 17-18, (1974) S. 7-19; Il cimbro e la tradizione longobarda nel vicentino II. In: Vita di Giazza e di Roana 19-20, (1974) S.
49-59.
^ Ermenegildo Bidese Die Zimbern und ihre Sprache: Geographische, historische und sprachwissenschaftlich relevante Aspekte. In: Thomas Stolz
(ed.): Kolloquium über Alte Sprachen und Sprachstufen. Beiträge zum Bremer Kolloquium über “Alte Sprachen und Sprachstufen”. (= Diversitas Linguarum, Volume 8). Verlag Brockmeyer, Bochum 2004, ISBN 3-8196-0664-5, S. 3-42.Webseite von Ermenegildo Bidese
^ James R. Dow: Bruno Schweizer’s commitment to the Langobardian thesis. In: Thomas Stolz (Hrsg): Kolloquium über Alte Sprachen und Sprachstufen. Beiträge zum Bremer Kolloquium über “Alte Sprachen und Sprachstufen”. (= Diversitas Linguarum, Volume 8). Verlag Brockmeyer, Bochum 2004, ISBN 3-8196-0664-5, S. 43-54.
^ Johann Andreas Schmeller, Ueber die Cimbern der VII und XIII Communen auf den venedischen Alpen und ihre Sprache, Reale Accademia bavarese delle Scienze, 1834; citato in Alberto Castaldini, “Gli Ultimi Cimbri”, in: Limes 6/2003 “Il Nostro Oriente”, Roma: L’Espresso, p. 170
^ a b c d e f g h i j Alberto Castaldini, “Gli Ultimi Cimbri”, in: Limes 6/2003 “Il Nostro Oriente”, Roma: L’Espresso, pp.169-179
^ James Dow. IOWA State University, Zimbrische Gesamtgrammatik.
Vergleichende Darstellung der zimbrischen Dialekte, Steiner ed., Stoccarda, 2008
^ a b Profilo storico, dal sito dei cimbri della Lessinia.
^ a b Gli insediamenti Cimbri, dal sito dei cimbri della Lessinia.
^ Il Medioevo e la questione cimbra dalla sezione Storia di Posina del sito del Comune di Posina.
^ AA. VV., Dizionario di toponomastica. Storia e significato dei nomi geografici italiani, Torino, UTET, 1990, p. 627.
^ Cenni Storici – Comune di Selva di Progno.
^ Badia Calavena è considerata l’unico insediamento fondato da soli cimbri, mentre gli altri erano abitati preesistenti in seguito colonizzati; cfr. [1]
^ AA. VV., Dizionario di toponomastica. Storia e significato dei nomi geografici italiani, Milano, Garzanti, 1996, p. 691.
^ Cenni Storici – Comune di Cerro Veronese.
^ Situazione delle ratifiche della Carta europea delle Lingue Regionali o minoritarie
^ Situazione delle Ratifiche della Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali
Antonia Stringher, Censimento dei parlanti cimbro nell’isola linguistica di Giazza. Consistenza della parlata tedesca dei tredici comuni veronesi dal
XVII al XX secolo, Comune di Selva di Progno, p. 37.
^ Tav. I.5 – Appartenenza alla popolazione di lingua ladina, mochena e cimbra, per comune di area di residenza (Censimento 2001) in Annuario
Statistico 2006, Autonomous Province of Trento, 2007. URL consultato il 12 maggio 2011.