Frei Rovilio Costa, 1934, di origini cremonesi, era nato a Veranopolis. Frate cappuccino di San Francesco, sacerdote e parroco, docente all’Università Federale di Porto Alegre, sua città di elezione dal 1968, storico, scrittore ed editore di prestigio e fama internazionali, cittadino anche italiano per riacquisto. Cultore della lingua triveneta, parlata e scritta,
il talian, tuttora diffusa in Rio Grande Do Sul. Tanto da aver coinvolto, nella parlata comune, anche Discendenti non veneti, dai mantovani ai calabresi. Un tempo, nemmeno tanto lontano, si comunicava con quel paese lontano tramite lettera, poi con il telefono, poi con il fax. Ora, con internet in tempo reale. Così ho appreso, da una e-mail di Luigi Guidorzi, che sabato 13 giugno in Porto Alegre (RS) Frei Rovilio è tornato alla Casa del Padre.
Personalmente, ho conosciuto Frei Rovilio nell’estate 1991, in occasione di una intensa due giorni organizzata da Carlos Zapparoli. Facevano parte del gruppo anche Bindo, Lena, Marco, Ricercatori della Domenica. Scopo della trasferta: scoprire la terra ‘veneta’ e mantovana del Brasile del Sud, conoscere discendenti di emigrati. Ma certo non immaginavamo all’aeroporto l’accoglienza ufficiale da parte di Ines Bonomi del COEMIT, Carlos Mambrini di probabili origine mantovana, lo stesso Frei Rovilio Costa, che portavano il saluto della Comunità italiana e di tante Associazioni. Nel memorabile pomeriggio di quel giorno Frei Rovilio ci accompagnò al Palazzo del Governo, e ad un concerto di musica gaucha nel salone della centralissima Casa della Cultura. La sera stessa, mia conferenza alla sede della MASSOLIN DE FIORI SOCIETA ITALIANA sul tema “L’Emigrazione Mantovana e Lombarda nel Brasile e nell’America Latina”, introdotta sempre da Frei Rovilio, che mi donò una pergamena di ringraziamento con la didascalia: sperem de catars prest ancora tut’insiem par far na bela bagulada. (1)
Serata conclusa con una cena all’italiana, organizzata dalla Massolin dei Fiori. Fu in quella occasione, che, quale ex allievo di Don Bosco, sottoscrissi, immeritatamente, l’atto costitutivo di una nuova realizzazione salesiana. Ma già il giorno precedente Frei Rovilio, sul suo Correio Riograndense, aveva trascritto una paginata di nomi, cognomi e famiglie di mantovani emigrati in Caxias do Sul, Garibaldi, Nova Bassano. La pagina era intitolata Duv’è i mantuan, con il commento: Al quindes de quest Agóst a vien a Rio Grande Do Sul na commissione de mantuan del pòst de Magnacavallo. L’è Elio Benatti, scritore e ricercador e so figliol Marco. A vien anc Bindo Bottura e Lena Bottura insiem a Carlos Zapparoli e signora chi à da star in São Paulo. (2) Sol par dirg a lur, parchè nuàtar, com cremunes, a sun anca Lumbardi, a meten do on par de num de Mantuan vegnù chi ancor, quas tut, a l’altar secol! Il par de num erano ben 198! (3)
Il giorno successivo, con una qualificata guida fornita da Frei Rovilio, la delegazione visitò le comunità italiane di Caxias do Sul, di Garibaldi, di Bento Gonçalves con la sua enorme cantina cooperativa ‘Aurora’. Una due giorni che si è impressa indelebilmente nella memoria, malgrado non vi siano state più opportunità di incontri. Da quel 15 di agosto non ci siamo più rivisti con Frei Rovilio. Ma, negli anni, i contatti e gli scambi di informazioni, di pensieri, di tradizionali auguri, sono stati costanti. È bastata quella fugace conoscenza per cogliere, e consolidare nel tempo, le qualità dell’uomo, dello studioso, del religioso. Molti discendenti di Emigrati italiani in Rio Grande Do Sul, presentati da Frei Rovilio, si sono rivolti a noi per ricerche anagrafiche finalizzate al riacquisto della cittadinanza italiana.
Personalmente sono stato gratificato della amicizia, ricambiata, di Frei Rovilio, e la sua scomparsa terrena non ne dissolverà la memoria e la stima in quanti lo hanno conosciuto ed apprezzato. Resta anche, peraltro e per fortuna, la sua ricchissima produzione letteraria ed editoriale a testimoniare la dedizione alla raccolta ed alla conservazione delle comuni radici culturali, prima fra tutte la lingua madre: Il talian. Che tuttora è lingua parlata in Rio Grande Do Sul.
note
- Fu in quella circostanza che Silvio Galli di Buscoldo, presente in sala, testimoniò che un emigrato del secondo dopo guerra in R.G.D.S., da Porto Mantovano, per non perdere la lingua madre, tutte le mattine, radendosi allo specchio, conversava con sé stesso in dialetto mantovano.
- Da quegli incontri è scaturita, grazie all’opera di Frei Rovilio, la memorabile visita di circa 60 discendenti al Monumento all’Emigrato di Magnacavallo, come testimonia la targa apposta dalla delegazione.
- Tratto dal libro ELIO BENATTI, Brasile chiama … Mantova, una manciata di semi sul terreno della memoria, edito nel 1998 a cura del C.T.I.M. – Regione Lombardia, pp. 52-56. Una riproduzione della pagina del Correio Riograndense è esposta al Museo dell’Emigrato Mantovano in Magnacavallo.