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Giovanni Girardi Intervista il Vice Presidente della Repubblica di Costa Rica, Alfio Piva

Buongiorno Dr. Alfio Piva, è un grande onore poter stare qui con Lei e poterla intervistare per conoscere meglio il Vice Presidente della Repubblica di Costa Rica con origini italiane, se non mi sbaglio?
Sì, mio nonno paterno era di Ostiglia, in provincia di Mantova, ed è emigrato in Costa Rica credo nell’anno 1911-12, al principio del secolo scorso con mia nonna e due figli, uno zio che successivamente visse in Italia e con mio papà, piccolino, che allora aveva tre anni.

Per quello che so Lei mantiene una forte “italianità nel suo spirito interiore”. Che cosa lo ha aiutato a mantenere questo spirito di sentirsi italiano in tutti questi anni?
É una storia molto lunga… di molti anni fa e molto interessante. Quando ero piccolo, ero il secondo figlio di una famiglia di cinque persone, tutte donne, e mia nonna che aveva avuto due figli maschi, diceva che io ero “figlio suo”. Così andai a vivere nella stanza con mia nonna, non solo diventammo amici, non un’amicizia tra nonna e nipote, ma un’amicizia molto profonda. Lei mi portava sempre con sè dalle sue amiche, che erano cinque o sei signore, quasi tutte mantovane, due di Ostiglia, un’altra di Melara … e mi ricordo che la mia prima lingua materna non fu l’italiano ma il dialetto mantovano. Io parlavo con le amiche di mia nonna e mi dicevano che ero un bravo bambino, mi davano il caffè fatto con la “macchinetta” con il latte, e iccome ero un bambino era più latte che caffè! Era comunque molto buono… e divenni molto amico di queste amiche di mia nonna. Un gruppo interessante di persone dove imparai, tra una chiacchiera e l’altra, a cucinare. La prima cosa che imparai fu come fare la pasta “fresca”, che tuttora faccio a casa mia ed in casa mia si mangia solo pasta fresca fatta da me tutti i sabati. Io “l’italianità l’ho mangiata, vissuta, respirata” e mia nonna mi ha inculcato l’idea che dovevo andare a studiare in Italia. Io ho vissuto tutta la mia vita di studente, di primaria e secondaria, applicandomi sempre perchè il mio premio era andare a studiare in Italia… Non avevamo molti soldi, mio padre era capomastro edile, ma si viveva bene, non ci mancava mai da mangiare, si beveva un bicchiere di vino – che allora era molto caro, ora è più accessibile – e si mangiava solo italiano, si parlava italiano e dialetto mantovano. Inoltre a San Josè c’era all’epoca un circolo di italiani che frequentavo, di cui tre o quattro erano macellai che facevano salami e a me piaceva soprattutto il “cotechino” che faceva il mantovano Marchini. Così vissi la mia giovinezza con l’illusione di andare a studiare in Italia e ci riuscii. Non c’erano allora borse di studio, ma in casa ci inventammo una “borsa di studio familiare”.

Che storia interessante… In quale città andò quindi a studiare in Italia?
Andai a Parma, con lo scopo di studiare medicina umana, però la carriera universitaria era troppo lunga e quindi decisi di studiare medicina veterinaria, più corta, anche in relazione alla “mia borsa di studio”, creata anche con l’aiuto delle mie sorelle e con un accordo con tutta la famiglia per poter darmi la possibilità di andare a studiare in Italia, una cosa molto interessante. C’era un professore d’italiano all’Università del Costa Rica, appena arrivato, che era stato contattato dal professore Baldi di Modena, e che era stato professore all’Università di Parma e mi consigliò di andarci. Mi disse che era un’Università molto bella e mi mise in contatto con un professore amico suo che mi aiutò molto. Avevo quindi un luogo dove andare, dove dormire anche se in Italia avevo uno zio che però viveva a Bolzano, ma che mi aiutò finanziariamente – anche lui formò parte della mia “borsa di studio familiare”! – Così che non potevo fallire negli studi, anche per tutto questo aiuto e partì in nave, con un viaggio di ventun giorni, perchè in aereo era carissimo… bisognava andare a New York, era troppo caro. Riuscì ad avere uno “sconto” del 75% dalla Società Italiana di Navigazione, per essere figlio e nipote di italiani. Per questo credo poi successivamente la Società fallì… il biglietto alla fine mi costò solo cento dollari. Fu allora che andai a Parma dove fui accolto molto bene, da gente molto aperta, gli emiliani sono persone molto aperte, parlavo un po’ di italiano, anche se mi confondevo spesso con il dialetto mantovano. Mi integrai molto bene nell’ambiente culturale di Parma, con le sue abitudini, la sua cucina, la sua musica. Feci parte della corale “Verdi” – anche se io non canto – fu un’esperienza veramente bella. Ed una cosa molto interessante fu che il mio professore di Parma mi raccomandò presso un pensionato universitario dei Padri Benedettini e vissi così la “cultura benedettina” che mi aiutò nel successo degli studi, grazie alle rigide regole benedettine di comportamento e quindi benedico a San Benedetto ed al professore che mi mandò in questo pensionato per il mio successo!
Veramente interessante tutto questo che ci ha raccontato. E dopo Parma continuò i suoi studi…
No, tornai in Costa Rica. Nei cinque anni che rimasi a Parma non ero mai potuto ritornare in Costa Rica, perchè non c’erano i soldi per poterlo fare. Quindi tornai con la nuova illusione ed la laurea conseguita. Cominciai a lavorare a Guanacaste come medico veterinario, dove sono stato il primo medico veterinario della zona e dove rimasi due anni e dopo partecipai ad un concorso per un posto di professore nell’Università di Costa Rica. A me piaceva molto insegnare e vinsi il concorso. Nell’Università di Costa Rica (UCR) c’era una possibilità per una borsa di studio per la specializzazione veterinaria di cui l’Università aveva bisogno. Iniziammo la nuova carriera universitaria di Zootecnica e sono stato il fondatore di questa carriera per la Facoltà di Agronomia, e quello che mancava era Fisiologia Animale. Quindi mi concessero una borsa di studio per studiare fisiologia e tra le tre sedi disponibili c’era Milano… e andai a Milano. Mi trasferì a Milano per quattro anni con mia moglie Ginete – mi ero appena sposato – e mio figlio maggiore, Alfio Paolo, nacque a Milano in Via Mangiagalli…

Dr. Piva, conosco la storia di altri giovani studenti costaricensi che sono andati a studiare in Italia, principalmente medicina a Bologna, e tutti  sono ritornati in Costa Rica con due “titoli”… uno universitario ed una sposa  italiana! E nel caso suo?
No, io tornai in Costa Rica solo: ero molto disciplinato nella mia vita. Quando partii la prima volta avevo una fidanzata, che avevo conosciuto a quindici anni, durante l’ultimo anno del collegio. E secondo la mia “disciplina” dovevo essere fedele anche partendo per l’Italia e siamo stati fidanzati attraverso le “lettere” per i cinque anni che rimasi a Parma. Quando tornai l’incontrai, aveva poco più di vent’anni, e decidemmo sposarci. Per questo è colpa sua se tornai dall’Italia senza una moglie italiana…!

Quindi senza alcun rimpianto?
No, credo che ognuno riceve quello che pianifica nella vita. Io ho imparato, quando avevo dodici anni ed ero boy-scout e grazie ad un padre salesiano italiano a cui devo molto, un insegnamento che ho sempre trasmesso a tutti i miei alunni – sono stato professore universitario per trentacinque anni -. Mi ha insegnato che ognuno di noi nella vita deve avere un “piano della propria vita”, un piano scritto che una volta scritto lo rompe e lo butta… un’orientamento a lunga scadenza. Se un ragazzo di dodici anni dice “io voglio essere Presidente del Costa Rica” deve scrivere il suo piano al contrario, partendo dall’ultimo sogno a ritroso fino a giungere all’età in cui si trova uno al momento di scrivere il suo piano di vita. Molti miei alunni mi hanno ringraziato per aver raggiunto il successo tramite questo insegnamento.


Condivido pienamente questo insegnamento. Lasciamo un attimo da parte tutto questo racconto di fatti interessanti che hanno dimostrato la sua piena italianità e, dopo un anno da Vice Presidente della Repubblica, come ha vissuto queste nuove responsabilità… Questo ha cambiato la sua vita
familiare o continua normalmente la sua vita nonostante queste nuove responsabilità?
La mia vita è cambiata totalmente, è stato un cambio drastico. Sono stato accademico tutta la mia vita, investigatore scientifico nel campo della biologia animale, una vita regolare, tranquilla, dedicata al lavoro che è stato il mio “sport” nella vita – e questo me lo ha insegnato mia nonna – e, dal momento che sono stato invitato dall’attuale Presidente della Repubblica a formar parte del suo esecutivo, iniziando una campagna politica che non avevo mai fatto – se non a livello universitario per diventare rettore – ho percorso tre volte tutto il paese, dedicandomi alla parte esterna alla Valle Centrale, alla parte agricola del Paese e tutto ciò ha cambiato enormemente la mia vita, impegnato dalle sei-sette del mattino alle dieci di sera, tutti i giorni da lunedì a domenica… Oggi nella Presidenza della Repubblica, a maggio è un anno, la mia dedizione al lavoro è completa. Esco di casa alle sette e ritorno alle otto di sera, quando riesco a tornare a casa a quell’ora… C’è una cosa molto interessante, provocativa in tutto questo: è un posto dove bisogna lavorare in “macro” ed io ho passato tutta la mia vita a lavorare in “micro”… Quando faccio lo sforzo a lavorare nel “micro” non ci riesco più, ora tutto il lavoro è sempre “macro-marco”, ma ricco di dettagli interessanti. Questa mattina, insieme alla signora Presidente della Repubblica, abbiamo ricevuto tutte le correnti religiose del Paese, cattoliche e protestanti, per fare un’analisi in merito ai differenti aspetti della possibile sentenza del Tribunale Internazionale dell’Aja, del prossimo 8 marzo, sul conflitto tra Costa Rica e Nicaragua. E dobbiamo essere preparati per le conseguenze della sentenza, per discutere di una cosa così “macro” come è la pace di un Paese come Costa Rica, come cementare la pace nei costaricensi perchè qualsiasi sia il risultato dettato dal Tribunale dell’Aja sia accettato in pace dalla popolazione.

Certamente Costa Rica è riconosciuto nel mondo come un Paese di pace, che non ha un esercito dal 1948. Toccando questo tema delicato tra Costa Rica e  Nicaragua che lo ha visto interessato in prima persona, come pensa possa essere la risoluzione dell’Aja, sempre e quando ci sia una sentenza? E se  il Nicaragua si adeguerà ad accettarla?
Io credo che… io applico la logica. Se un gruppo di giudici, che è un gruppo limitato di persone, deve risolvere una controversia e Costa Rica rappresenta l’antecedente del giudizio della OEA (Organizzazione degli Stati Americani), dove 21-22 Ministri degli Esteri dei vari Paesi del continente americano avevano preso una decisione nei confronti di Nicaragua, che poi Nicaragua non ha rispettato, questo mi sembra rappresenti un gran peso nella decisione dell’Aja. Noi stiamo pensando a cinque scenari possibili che vanno da negativi a molto positivi per il nostro Paese, crediamo che il giudizio della OEA sia intermedio e molto interessante perchè chiede ai due Paesi di lasciare “libera” la zona di frontiera interessata, perchè rappresenta una zona silvestre protetta già notevolmente compromessa dai lavori per un canale iniziati dal Nicaragua, e credo in Dio e San Benedetto che si possa raggiungere ad un accordo pacifico.

Lei ha toccato un tema interessante come quello delle aree protette della Costa Rica, della natura… Lei è stato per molti anni uno dei principali direttori dell’Inbioparque, l’Istituto Nazionale della Biodiversità, le manca questo “posto” a contatto con la natura…?
Certamente era un lavoro molto bello, più tranquillo e mi manca molto… però nel mio nuovo “posto” mi devo comunque dedicare alla parte sociale e dell’ambiente. Essendo tanto importante l’ambiente in Costa Rica, tocca tutti i punti dall’economia alle infrastrutture, dalla produzione agricola alla pesca. Proprio ieri abbiamo ampliato l’area protetta intorno all’Isola del Coco e tutte le decisioni vengono prese in gruppo, anche con scientifici e quindi in realtà continuo sempre nello stesso tema. Per esempio Costa Rica è un Paese “sporco” dove il riciclaggio dei rifiuti non è ben fatto e vogliamo, ed una mia proposta per i prossimi quattro anni del mio mandato, iniziare ad educare la nostra popolazione nel trattare i residui solidi e liquidi e quindi continuo a lavorare nel campo ambientale.

Sì, diciamo che sembra una contraddizione: da una parte Costa Rica protegge una gran parte del suo territorio all’ambiente naturale, alla flora ed alla fauna e dall’altro è “soffocato” dai rifiuti…
É un problema interessante… Mi ricordo che quando ero studente in Italia – e avevo conosciuto anche la Spagna – il problema era uguale. Non erano l’Italia e la Spagna pulite di oggi, però riuscirono con il tempo a risolverlo. Quando stavo studiando la mia specializzazione a Milano, c’era una campagna enorme con poster sparsi in tutta la città dove il sindaco esortava la popolazione ad aiutarlo a pulire la città. In una foto lui andava in giro con una bicicletta con un bidone pulendo la città. Ed alla fine ci sono riusciti.

É interessante come la figura dello “spazzino” in Italia si sia evoluta tanto che oggi lo stesso viene definito “operatore ecologico”…
Ha oggi una bella divisa vistosa, non tocca più i rifiuti con le mani… Credo che in Costa Rica si possa, con la volontà, trasformare i rifiuti in materia prima, come nella campagna di una rete televisiva nazionale e l’impresa Kimberly Clarke dove mensilmente stanno raccogliendo tonnellate di rifiuti riciclabili… quando in Costa Rica si imparerà che tutto questo porta ricchezza, anche economica, si riuscirà a risolvere il problema, come successo in altri paesi nel mondo. Abbiamo vari programmi in San Josè ed in Heredia, per il riciclaggio delle acque nere.

Rimanendo sul tema ambientale, tra le relazioni fra Costa Rica ed Italia, credo esista una collaborazione per un parco naturale tra la zona del  Guanacaste e la provincia di Modena, con uno scambio di guardie forestali… è vero?
Certamente, è un progetto che ho iniziato io quindici anni fa con un amico professore italiano di fisiologia che ha stabilito un accordo tra l’Università di Modena e l’Inbioparque. Tra gli accordi esiste un legame di “fraternità” con alcuni parchi naturali della Costa Rica ed ogni anno, a Modena, si organizza un’attività per raccogliere fondi, grazie anche all’amicizia con l’attuale Assessore Regionale dell’Emilia-Romagna alle Attività Produttive Gian Carlo Muzzarelli, e dove tramite un programma di interscambio una ventina di guardie parco e studenti vengono un mese in Costa Rica e collaborano in tre parchi e riserve biologiche. Con i fondi raccolti in tutti questi anni si sono comprate, fino ad ora, seicento ettari che sono stati destinati a riserva naturale e dove si sta realizzando un sogno, che avevo promosso, di costruire una stazione biologica di ricerca dell’Università di Modena, che io chiamo la “stazione biologica italiana”! E ci stiamo riuscendo, anche se ci vorranno altri quindici anni. Questo non mi spaventa perchè io sono un “fondista”, uno per le gare lunghe, non mi spaventa il tempo… Proprio oggi avrò un incontro con un signore italiano che donerà quarantamila dollari per iniziare a costruire questo sogno…

Sempre parlando delle relazioni tra Italia e Costa Rica, cosa pensa possa fare Costa Rica per aumentare queste relazioni in tutti i campi, non solo  per quello dell’ambiente. Magari mandare più turisti dall’Italia o quali altri progetti si possono realizzare tra i due Paesi?
Ho molti sogni, credo che si possano fare molte cose… Il campo più interessante è quello della tecnologia. Penso che Italia ci possa aiutare, pensando sempre un po’ al campo tecnologico-ambientale, come quello della geotermia. In Costa Rica la geotermica è totalmente di origine italiana, non solo il direttore è italiano, Alfredo Mainieri. Insieme abbiamo appena inaugurato una nuova centrale geotermica, ma possiamo fare molto di più anche nello studio dei vulcani, nel settore dell’energia elettrica e di quella eolica, già con la collaborazione anteriormente dell’Ansaldo di Genova ed ora con l’Enel. Altro campo molto interessante: in Italia ci sono molti taxi ed autobus che funzionano a gas metano, mentre in Costa Rica non abbiamo ancora fatto nulla. Il gas è quattro o cinque volte più pulito ed economico del diesel. In questo caso adottando lo stesso sistema potremmo abbassare il costo del biglietto del trasporto ed usare un combustibile più pulito per l’ambiente, mentre pensiamo di elettrificare il sistema del trasporto. Italia ha una vasta esperienza nei tram, treni elettrici, etc. tanto da poter pensare in una collaborazione tra i due Paesi nel settore tecnologico-ambientale.

E nel settore turistico?
Questo è un settore interessante. Il turismo italiano è molto diverso da quello americano, come anche l’imprenditore turistico italiano con pizzerie, ristoranti e piccoli hotel. Io conosco, per esempio e, senza fare nomi, un ristorante italiano di un ragazzo credo di Verona che considero uno dei migliori del mondo… neanche in Italia ho mangiato tanto bene come in questo ristorante che si trova a Piedades di Santa Ana. Questo è solo un esempio dell’aiuto che gli italiani possono dare allo sviluppo del turismo in Costa Rica.

Ci sono molti italiani che vengono in Costa Rica come turisti e poi si fermano nel Paese perchè innamorati della natura, dei luoghi di  villeggiatura…
Credo che l’immigrazione italiana ha avuto vari momenti di arrivo in Costa Rica: la principale è certamente quella che arrivò alla fine dell’800, tra l’altro dalla zona di Mantova – Ostiglia e Sermide -, per la costruzione della ferrovia. Poi quella del primo dopoguerra, negl’anni cinquanta quando lei studiava in Italia, per la colonizzazione di San Vito nella zona sud della Costa Rica, che oggi è un esempio unico al mondo per il successo raggiunto e poi la terza, quella degli ultimi anni, degli imprenditori che hanno stabilito attività e residenza stabile nel Paese. Credo che quest’ultima generazione di italiani sia molto differente dalle anteriori. Vengono a proporre al Paese nuove idee e ad installare nuove imprese, grandi e piccole, con nuove tecnologie, creando nuovi posti di lavoro. Come una piccola impresa di un signore italiano con una quarantina di operai che lavora molto bene nel settore elettrico, come molte altre… specializzate in cucina ed hotels e che hanno contribuito ad uno sviluppo positivo del Paese. Tutto questo mi fa sentire a volte italiano, a volte costaricense, una doppia cittadinanza anche se non ho ancora potuto avere quella italiana, più che altro per problemi legali… però nel profondo del cuore mantengo le due, amandole nella stessa maniera. E poi curioso come stimo entrambe, specie nella cultura, anche perchè i costaricensi si aspettano che un italiano sia colto… Ho l’esempio di mio nipote, che nonostante sia costaricense quasi completamente, se uno gli chiede di dove è risponde orgoglioso di essere “italiano”! Pochi mesi fa l’ho portato in Italia a conoscere la neve, ha provare cosa vuol dire rotolarsi nella neve… L’ho poi portato a conoscere alcuni parchi nazionali, siamo stati in Trentino per imparare a sciare, per imparare cosa vuol dire stare in Italia. Siamo stati quindici giorni ed è tornato molto contento da questo viaggio.

Una domanda… sempre in questo ambito “italiano”. In questi ultimi anni sono nate in Costa Rica alcune associazioni, in maggioranza regionali, come
quella lombarda e mantovana. Crede che queste associazioni possano aiutare a mantenere “l’italianità” in Costa Rica?
Questo è un “movimento” interessante. Mancavano queste istituzioni, per mantenere la cultura, riunioni informali anche solo per scambiarsi idee, ricette… Mancano soldi per creare un circolo culturale, ma possiamo mantenere viva questa nostra italianità.

Pensa che queste associazioni possano essere un mezzo per un legame più forte tra Costa Rica e la Lombardia o Mantova?
Credo proprio di sì… credo che possiamo fare cose importanti, credo che la cosa più importante sia il contatto tra persona e persona, tra gruppo e gruppo. La gente si preoccupa perchè non ci sono soldi, ma conoscersi è molto più importante. Conoscere le necessità ed i dettagli della vita, condividere un piatto o un bicchiere di vino. Per questo non c’è bisogno di soldi, ma di volontà… la vita è fatta di lavoro e di sviluppo sociale. Bisogna fare le cose bene, con onestà e con regolarità. Un giorno ho detto che nel mio ufficio le riunioni iniziavano alle otto e non alle otto e un minuto… sicuramente i miei collaboratori hanno pensato “questo è italiano e non costaricense…”.

Per concludere questa nostra “chiacchierata”, nel 2015 Milano sarà la capitale del mondo per l’Expo che si va a presentare. Che ruolo, pensa, possa avere Costa Rica in occasione di questo evento?
Lo sto pensando… mi hanno invitato, alcune settimane fa, ad una riunione con Luigi Cisana, Presidente dei Lombardi in Costa Rica, e con Daniele Marconcini, Presidente dei Mantovani nel Mondo, per questo evento. Mi sono compromesso a “muovere” le acque, ho già parlato con il nostro Ministro degli Esteri, per avere una presenza di Costa Rica nell’Expo. Questo evento per Costa Rica è un tema affine al Paese, per partecipare attivamente all’Expo nei differenti campi che potremmo proporre. Sto formando una commissione per iniziare a lavorare fin da adesso e spero possiamo partecipare in maniera attiva e positiva per il Paese.

Non so se vuole aggiungere ancora qualcosa… potrebbe essere interessante conoscere, per esempio, un episodio simpatico di quando studiava in Italia…
L’episodio più bello che ricordo fu quando alcuni amici di Parma mi invitarono a mangiare “gnocchi alla parmigiana”… loro avevano un caseificio, facevano formaggi, burro e mi invitarono con alcuni amici costaricensi. Siamo andati così in quattro e ci siamo trovati di fronte, quando eravamo seduti al tavolo, una “ciotola”, una zuppiera di gnocchi che era grande come questo tavolo… (una “sincera” risata del Dr. Piva…) dove i gnocchi nuotavano nel burro con una “montagna” di parmigiano in cima enorme, perchè gli avevo detto che mi piaceva molto quel formaggio… Non esagero, era l’epoca che non c’erano macchine fotografiche, peccato, ma me lo ricordo bene… mai in vita mia ho mangiato tanti gnocchi e tuttavia mi viene ancora “l’acquolina in bocca” solo a pensarci!
Al principio ci ha detto che le piace fare, ogni sabato, la pasta fresca a casa sua. Lei cucina anche?
Certamente! Mi piace cucinare e la mia maestra è stata mia nonna che sempre diceva che gli uomini dovevano saper cucinare, perchè non si sapeva cosa sarebbe accaduto nella vita. Fare la pasta non era solamente “fare” la pasta, ma bisognava muovere il corpo… non si doveva solo muovere la farina, ma anche il corpo, mettere il peso giusto del corpo e della mano che impastava come facevano le donne anticamente… ultimamente mi sono  “messo” anche nella cucina spagnola, che insieme all’italiana sono quelle che più mi piacciono, anche se prediligo quella italiana perchè è una cucina semplice, non è cara… è delizioso fare gli “agnolini” in differenti forme ed ora con Internet ho smesso di comprare libri e mi sono iscritto a vari siti dove espongo anche i miei “tocchi” culinari… e ricevo molti altri consigli. Questo è il mio divertimento!

Grazie Dr. Alfio Piva, la ringrazio per il suo tempo e per questa interessante intervista dove abbiamo conosciuto un po’ di più “dell’uomo”  che c’è dietro al Vice Presidente… scoprendo come la sua “italianità sia macro”, come dice lei… grazie ancora!
Giovanni Girardi  – Collaboratore Associazione Mantovani nel Mondo