Pareva sortito come per magia dalla sua bancarella e accanto a quella vivere, senza mangiare ne’ dormire.
All’atteggiamento delicato si addiceva il sorriso lieve, a labbra chiuse; ma la vivezza dello sguardo dietro gli occhiali pesanti tradiva un’interiorita’ accesa, se pur solitaria, popolata da speranze, tradita da illusioni e temperata dai ricordi.
Quando da bambina, negli anni ’50, passeggiavo nel «centro» per mano ai miei genitori, lui era la’; come pure quando ogni giorno attraversavo il Broletto, diretta alla scuola media «Dante Alighieri» o al liceo «Virgilio»; portata altrove dalla vita nel ’66, nei miei periodici ritorni lo ritrovavo puntualmente, come un lacerto d’affresco vagamente sbiadito sullo sfondo di una citta’ in mutamento.
Quando ormai non c’era piu’ l’ho letto; e l’ho immaginato aggirarsi attento e assorto per le campagne, in cerca di nuovi umili epici personaggi, da scrivere nell’aria e nell’acqua: cosi’ che potessimo respirarli e berli senza accorgercene.
Sul finire di questo Festivaletteratura 2010, che ho seguito da Spalato, cosi’ mi piace ricordarlo.