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Regione, tagli per oltre un miliardo

«Dobbiamo aumentare le tariffe» Formigoni: mai una manovra così pesante, costretti ad aumentare i biglietti di treni e pullman

«Siamo la regione più colpita e questa è la manovra più difficile di sempre». Un miliardo e duecento milioni di euro in meno da Roma, anche la «locomotiva» d’Italia rischia di arrancare. Colpa della manovra finanziaria, del governo che taglia i trasferimenti agli enti locali e colpa anche del patto di stabilità che obbliga le regioni a non sforare i tetti di spesa. È un bilancio di lacrime e sangue quello che la giunta ha licenziato nella notte di lunedì, dopo una riunione fiume tra tutti gli assessori. Il governatore aveva lanciato l’allarme già a luglio. Ora, a giochi (quasi) fatti, i toni sono più soft e Formigoni si sforza di vedere il bicchiere anche mezzo pieno.

Anche perché – assicura – la trattativa col governo è ancora in piedi, e la speranza di strappare qualche risorsa in più soprattutto alla voce trasporti non è ancora morta. «La manovra più difficile», dunque.La memoria di Formigoni corre a nove anni fa, «quando fummo costretti a introdurre i ticket sanitari per garantire la stessa qualità sanitaria. Chiedemmo un sacrificio ai cittadini lombardi che capirono e ci concessero fiducia. Da allora la nostra sanità è la migliore d’Italia e ha un bilancio in pareggio. Anche quest’anno i sacrifici serviranno per mantenere invariata l’offerta di servizi». Un caso su tutti, il trasporto pubblico locale. In Lombardia bisognerà fare i conti con duecento milioni di euro in meno. L’obiettivo del Pirellone è delineato: garantire l’offerta di servizi rivedendo le tariffe. «Soprattutto per le corse singole: in modo da minimizzare gli aumenti per i pendolari». Dai primi conti fatti in Regione
il costo dei treni potrebbe salire anche del 25 per cento. Si introdurrà il  quoziente familiare, certo, e si arriverà alla tariffa unica integrata, ma l’anno prossimo, ormai è sicuro, gli aumenti scatteranno. Tutte le voci di spesa del Pirellone subiranno una contrazione. In sofferenza andrà, per esempio, il capitolo della spesa sociale. Il bisturi inciderà sui trasferimenti ai Comuni, sui bonus, sui voucher, sulle politiche per la casa e sugli aiuti alle imprese. Solo la spesa sanitaria per ora resisterà alla sforbiciata. Il «bicchiere mezzo pieno» è invece l’impegno per pagare entro due mesi i fornitori, la riduzione dei dirigenti del Pirellone e il mancato aumento delle imposte regionali. Da Formigoni però nessun affondo diretto contro il governo. Qualche nota a margine, semmai: «Colpiscono più noi della Sicilia. Lo formula dello statuto speciale è anacronistica e non è giusto che non venga riconosciuta la virtuosità delle singole amministrazioni». L’unica vera stoccata che il governatore si concede è diretta ai sindaci, Moratti in testa, che quest’estate disertarono la crociata formigoniana contro i tagli governativi. «I sindaci sono tanti.
I presidenti di regione hanno una visione più di lungo periodo».L’opposizione di centrosinistra intanto attacca. Per Maurizio Martina del Pd, «siamo in presenza di una beffa»: «Proprio nella giornata in cui il Consiglio si appresta a discutere di autonomia fiscale, il presidente della Regione annuncia i tagli devastanti operati dalla Finanziaria». Conclusione: «Se il governo nazionale non fosse dello stesso colore del presidente della Lombardia, Formigoni si affretterebbe a chiedere le dimissioni del premier. Lo invitiamo a farlo». Protesta anche l’Udc, dopo la bocciatura in aula dell’ordine del giorno che chiedeva tempi certi per la creazione della città metropolitana. «È un atto – dice Enrico Marcora – che va contro l’impegno a contenere i costi della politica e a razionalizzare l’assetto amministrativo della città e della Provincia di Milano».

Andrea Senesi 10 novembre 2010