strangers into citizens di Renato Zilio
Meditazione sul corpo
Situato in un luogo sorprendente un modernissimo padiglione sulle rive del Tamigi si innalza come un’immensa tenda bianca. Sotto, una mostra originale a Londra. È il racconto straordinario, emozionante della nostra tenda e della sua provvisorietà: il corpo dell’uomo. Body Worlds, the mirror of time, il titolo. Guardo la gente uscire dall’esposizione: la accompagna un’aria assorta, uno sguardo come sospeso. Un sapore amaro ti resta in bocca, è vero, che si stempera subito… ti senti vivo, almeno. Respiri e non ti sembra vero: questo semplice gesto ti pare ora una meraviglia! Compassione, stupore e curiosità ti seguono lungo tutto il percorso, anzi si incollano al tuo sguardo. Molti lo vivono come un’insolito pellegrinaggio all’interno di quello che già dai vostri primi passi è definito lo specchio del tempo: il corpo. Una serie di volti in gigantografia, infatti, mostra l’avanzare degli anni, le pieghe del tempo, i solchi e le macchie dell’età: la nostra pelle rivela il tempo vissuto. “Dal concepimento alla nascita, dall’infanzia alla gioventù, dall’età adulta alla vecchiaia il cambiamento è l’unica costante” avverte delicatamente una scritta. Vietatissimo prendere foto. Anonimi più che mai i donatori… non di un solo organo, ma di tutto il loro corpo. E così, ci si aggira per le sale come attorno ad un immenso tavolo anatomico. Non riservato solo a qualche studente di medicina, ma a ben 26 milioni di visitatori, finora…
“Chi legge sa molto, ma chi osserva sa molto di più!”affermava Alexandre Dumas. E qui osservi degli esseri umani che hanno vissuto: i loro corpi privi dell’epidermide mostrano la struttura muscolare rosacea, le ossa scoperte, gli attacchi tendinei, la rete venosa o arteriosa, i filamenti nervosi, gli organi interni. Si librano nell’aria a passo di danza, come quel giovane con una stupenda catena muscolare esposta in ogni dettaglio… Un altro seduto compostamente a un tavolo di scacchi: passandogli accanto puoi osservarne il cervello completamente visibile… Un altro corpo lanciato in avanti cavalca un cavallo anch’esso sezionato e aperto nella sua superba rosea struttura muscolare… Altri due giocando, rugby gladiators, in una tensione inesprimibile mostrano allo scoperto uno splendore di organi e di muscolatura… Una giovane donna, poi, con ancora il suo bambino nel ventre, ben visibile, pare un fotogramma bloccato di una sequenza di vita.
Un’immensa pietas ti prende girando in questo spazio, che attraverso una tecnica di conservazione di avanguardia (plastination), presenta più di duecento corpi umani, in una immota vitalità, con gli occhi aperti nel vuoto… E ti risuona nelle tempie la frase appena letta:“Il vostro corpo è l’arpa della vostra anima. Sta a voi trarne una dolce musica oppure dei suoni confusi.”(K.Gibran) L’importanza di questo strumento di vita, “una meraviglia di contraddizioni: semplice e complesso, vulnerabile e resistente, limite delle nostre esperienze e punto di partenza di potenzialità sconfinate”, come suggerisce una scritta, assume ora un risalto impressionante.
Un silenzio sacro regna in queste sale, dove i passi di ogni visitatore avanzano con rispetto. Si è davanti ad esistenze che hanno terminato davanti ai nostri stessi occhi il loro cammino. Ma tutto ciò non è che uno specchio per chi guarda. Perchè“ognuno entra nel mondo con un corpo per mezzo del quale poter sperimentare, realizzare o rischiare ciò che noi stessi scegliamo!”sottolinea un’altra frase. Si contempla, anche, in vitro l’embrione umano alla sua prima settimana, poi alla seconda… alla settima già con i contorni emozionanti di un bébé, fino alla trentatreesima. Una visione concreta, realistica vi accompagna, in cui lo spirito anglossassone sfoggia tutta la sua passione di osservazione e di attacco pragmatico alla realtà. Patologie pedagogicamente esemplificate non mancano, poi, in particolare gli organi colpiti dal flagello del fumo, dell’alcool, dall’infarto cardiaco…
Più avanti, un settore parla di esseri umani centenari e del loro segreto… Il loro mantra è l’ottimismo, si legge accanto. In fondo, comprendi che è quell’amore incredibile e fiducioso nella vita che sostiene a volte un essere, qualsiasi situazione affronti. Tuttavia Abramo Lincoln, sedicesimo presidente degli Stati Uniti, non raggiungendo lui stesso la sessantina, ricorda asciutto qui al visitatore: “Non sono gli anni di vita che contano… ma la vita negli anni!”
Tutto in questo luogo porta a sbattere frontalmente contro il mistero dell’uomo… e della nostra vecchiaia. Ma“nessuno diventa vecchio semplicemente accumulando degli anni, sottolinea lucidamente Samuel Ullman, lo diventiamo disertando i nostri ideali!” Perchè se“gli anni fanno raggrinzire la pelle, spiega, la perdita di entusiasmo lo fa per l’anima stessa.” Interviene anche la saggezza antica del Talmud: “Noi non vediamo le cose come sono, ma le vediamo come siamo.”
E questo fa ricordare i nostri vecchi quando all’alzarsi di buonora salutavano il giorno con un“Siamo vivi, graziaddio!” Stupendo passaggio dalla morte simbolica del sonno alla vita che ricomincia fatto con stupore! Ripetevano, senza saperlo, il senso delle parole di sant’Ireneo di Lione:“La gloria di Dio è l’uomo vivente” Miracolo quotidiano, fattosi oggi spesso banalità. In un luogo come questo, tuttavia, ognuno ne prende coscienza. Drammaticamente.