Suzzarese il colosso della trasmissione del moto che ha stabilimenti in 12 Paesi
Come poteva restare ferma tra il Po e lo Zara questa impresa che ha la vocazione per la progettazione, la costruzione e la commercializzazione proprio nelle componenti per la trasmissione di potenza? Alberi cardanici, impianti idraulici e oleodinamici, pompe e valvole di controllo direzionale, scatole a ingranaggi per l’agricoltura e l’industria… Purché siano componenti di movimento Bondioli&Pavesi le pensa e le fa da Suzzara allo stabilimento cinese di Hang Zhou, da Protivin nella Repubblica Ceca fino alla Brasiliana Caxias do Sul.
SUZZARESITÀ. Ciò che conta, in questo sessantesimo è il fondatore e la “suzzaresità”. Lui, nato il 3 luglio del 1929, vale l’altra, e viceversa. L’imprenditore, magro, capello ondulato, battuta e risposta a orologeria, abiti vivaci e una devozione sacrosanta per la famiglia, può essere sistemato tra i campioni di quella Suzzara repubblica del lavoro, dell’imprenditoria, del sindacato. Quella Suzzara infilata in un incastro ardito dell’Emilia che come un bullone si assicura al Mantovano. A Bondioli esce di bocca una parola che più in là di questa terra ricca e problematica è difficile da pronunciare e tradurre: insgnàras. Che vuol dire ingegnarsi. Ingegno e genio insieme: sana combriccola di buone doti che nella valle del Po ha salvato dalla fame generazioni, è stata il sangue del lavoro, la fabbrica degli imprenditori.
Per il cavalier Bondioli allora come ora per saltar fuori dalla crisi lunga bisogna appunto insgnàras. Anche adesso che l’imprenditore-fondatore ha dato carta bianca ai figli Carlo, 52 anni, direttore operativo, Claudio, 46, direttore commerciale, e all’erede del socio, Giovanni Pavesi, 58, che cura la parte amministrativa. Pensionato? «Ho mollato tutto – risponde Edi con un sorriso che rimbalza negli occhi del figlio Carlo (Claudio è al lavoro in America) -, ma non ho mollato niente». Ma che padre è? Bondioli è pronto: «Un dittatore intransigente». Il figlio lo corregge: «Macché. Un maestro». Poi, insieme: «A noi piacciono le cose che vanno bene. La sera vogliamo dormire tranquilli». Che cosa c’entrano queste affermazioni con la produzione, i rapporti con i dipendenti, il fatturato consolidato, 250 milioni di euro nel 2008, 165 nel 2009, e la risalita nell’otto volante della crisi mondiale con i 190 di quest’anno? Che c’entrano? Edi Bondioli si fa categorico: «Noi ci siamo proposti di non licenziare nessuno. Siamo convinti che non bisogna mai prendersela con gli operai, ma con quelli che stanno sopra, perché sbaglia chi dà gli ordini».
RELAZIONI. Caspita, lo spirito del suzzarese imprenditore è scavalcato dell’animo del suzzarese politico? Bondioli ammette che qualcuno sospetta che lui sia un comunista, storia che nella Città del Premio fino a pochi anni fa era un marchio endemico. Comunista? «Guardi, le dico che il sindacalista della mia azienda sono io, e tutti noi abbiamo un difetto: in bottega ci piace fare le cose che vanno bene, anche nelle relazioni con i dipendenti». Vengono in mente uomini della Bondioli&Pavesi strategici nel tessuto mantovano: Salardi già sindaco di Suzzara, i segretari della Cgil Dian e Africani, il referente della Fiom Zatti.
Bottega. La parola economica e antropologica dell’homo faber butéga va e viene nei discorsi dei Bondioli ch’è un piacere. Bottega. Dev’essergli rimasta impressa come a tutta la sua generazione. Ce lo conferma il cavaliere quando dice che di computer non ne vuole sapere e il suo mondo è l’ufficio tecnico, il posto dei progetti, del banco di prova. E poi è un piasaròt. Edi è nato dal falegname Vittorio e della casalinga Lucia in piazza, mica in campagna. Esito geografico che nei borghi grandi della valpadana non è di poco conto. Via Piave, centro che più centro non si può d’una Suzzara fine anni Venti piena di pulsioni artigiane, piccolo-medie industriali. Dopo le elementari, l’avviamento e tre anni alle serali della Scuola Arti e Mestieri il ragazzo dal nome pratico diventa pütlèt ad butéga, garzone.
UNIVERSITÀ. Un sogno megagalattico per quella generazione. «Era un’università totale – spiega lui – perché si faceva tanto, si imparava tutto, e di solito il padrone era un artista». Nel suo caso il signor Oscar Guandalini con officina che aggiustava e creava ogni cosa che andasse a motore a scoppio. Nel 1950 la chiamata alle armi e automatico licenziamento, perché allora era così. Poi Edi viene riformato e rispedito a casa dove il posto di lavoro non c’è più. Così il ragazzo decide l’impresa, al s’inségna, s’ingegna. Crea una società con Guido Pavesi di dieci anni più vecchio e fa partire la sua officina che con pratica, acume, fantasia e coraggio trasforma e riconverte i motori di vecchie macchine in generatori di potenza per i congegni agricoli. Era il 19 ottobre 1950. Bondioli mette su casa nel 1956 (lui sfodera un proverbio per ogni evenienza, quand at’sé bon da far füm al camìn t’at gh’è da maridàr, quando sei in grado di far funzionare il camino devi sposarti). È l’anno del matrimonio con la signora Luisa Lusetti, incontrata all’“estero”, appena al di là del confine, Santa Maria di Novellara. Luisa, donna perfetta nella concezione dell’imprenditore. Parola d’ordine anche di lei: dare movimento. In questo caso alla famiglia, che è la bottega e poi la fabbrica, infine il gruppo che conta 14 unità produtive e 13 aziende commerciali.
La marcia della Bondioli&Pavesi non si è mai fermata. Ha superato momenti critici, densi di incognite, come la morte del socio Guido nel 1970, o la stagione degli scioperi. Marcia che prosegue a livello internazionale, ma anche localissimo, producendo formazione. È il caso della Scuola Arte e Mestieri di Suzzara che contribuì alla formazione di Edi e della quale oggi il figlio Carlo è presidente. Scuola che forma maestranze specializzate e che numericamente non riesce a rispondere alla forte richiesta dell’area. Fortuna di Suzzara, città nella quale Bondioli e la famiglia sono fondamentali quanto un ingranaggio di precisione. Edi mette il sigillo al sessantesimo: «Abbiamo un difetto. Ci piacciono le cose che vanno bene».
STEFANO SCANSANI
dalla Gazzetta di Mantova del 17Ottobre2010