A un anno di distanza dalla sua scomparsa (21 marzo 2012), e nel giorno in cui avrebbe compiuto gli anni (16 marzo), Casa Moretti intende ricordare un grande amico, attraverso il lavoro grafico ed editoriale realizzato con un altro sodale, stampatore di libretti d’arte e non solo, Federico Santini. Tra le mille cose per le quali dobbiamo ringraziare Tonino Guerra, è senz’altro la sua straordinaria capacità di creare arte e bellezza anche attraverso l’opera di molteplici altri artisti e artigiani, come scultori, ceramisti, incisori, stampatori, fabbri ed editori. Casa Moretti, a Cesenatico, grazie alla preziosa amicizia con Tonino ha potuto negli anni raccogliere e proporre in alcune mostre diverse di queste preziose collaborazioni. Una tradizione che prosegue anche ora che Tonino non c’è più, perché la sua arte resta viva come prima, e che quest’anno si concretizza nella mostra dei libretti d’arte di Federico Santini, incisore ed editore di Udine.
Federico Santini ha saputo trarre dalle lastre realizzate da Tonino Guerra tutta la poesia di un morbido segno, di figure sottili, di tonalità lievi eppure dense delle storie che lo scrittore voleva narrarci. Ogni libro è questo: un contributo leggero e incisivo nella narrazione complessiva che Guerra ha condotto con i diversi strumenti a sua disposizione. Grafica e poesia, ma anche racconti e colore: è la magia della carta e dell’inchiostro usati, come un tempo, dalla mano dell’artigiano sapiente (un artista anch’egli), addomesticati dalla forza del torchio che riproduce la parola e le immagini più rappresentative di Tonino. Sono libretti di non grande formato, a tiratura limitatissima, dalla voluta marginalità rispetto alle logiche dell’editoria di massa da cui deriva non già una debolezza, ma al contrario una grande forza; non è una novità: arte e letteratura convivono da sempre perfettamente. Ci vuole solo l’amore per il libro, la passione per l’incisione, l’inclinazione verso la poesia che sono, in una parola, il coraggio di alcuni stampatori come Santini e pochi altri in Italia. E che Casa Moretti da sempre ama mostrare ai propri amici.
L’inaugurazione della mostra si terrà sabato 16 marzo alle ore 16.00, con interventi musicali di Giuseppe Dal Bianco al duduk che accompagneranno la lettura di brani poetici di Tonino Guerra. I libretti d’arte realizzati nella stamperia di Federico Santini Casa Moretti, dal 16 marzo al 5 maggio 2013
Orario: sabato, domenica e festivi, 15.30-18.30. Ingresso libero Inaugurazione: sabato 16 marzo, ore 16.00
www.casamoretti.it
casamoretti@cesenatico.it
Tonino Guerra e Federico Santini nella levità di un segno
Un gesto improvviso, e non troppo studiato perché al segno rimanga un velo misterioso di casualità, la macchia del colore come l’ombra di un sentimento antico a garanzia di un valore vero. Tonino era sempre alla ricerca di elementi di bellezza da mettere in evidenza per salvarci dai tempi tristi che abbiamo intrapreso, e aveva individuato proprio nella patina del tempo, e nella sedimentazione casuale della materia, quella cifra capace di trasformare un oggetto, una parola o un luogo in qualcosa di magico ed evocativo. E quell’esito imperfetto, ottenuto con una tecnica pittorica, o affidato all’espressione più «irsuta» raccolta dal dialetto e dalla storia dimenticata, conferiva al suo lavoro il pregio dell’opera d’arte. Era una sorta di «poesia del recupero»: da un oggetto dimenticato, da una parola che non s’usa più, da una tonalità sbiadita o una ceramica grezza, da un segno all’apparenza involontario si muoveva l’arte e la poesia di Tonino Guerra.
Avvolgendo con l’atmosfera di un sogno, teneva sempre sospesi tra passato e presente, tra il consueto e un altrove, unificando i contrasti apparenti col segno di un mistero che non si potrà svelare, ma solo forse raccontare. Conduceva in paesaggi dell’anima, procurava sospiri d’infinito, nostalgie di un altrove che aveva sempre i contorni di un tempo e uno spazio indefiniti. Guardando i suoi lavori, si aveva l’impressione che i suoi occhi percepissero con una facilità non comune tutta la varietà dell’esistente, e ancor più tutte le sue sfumature che una società distratta e raffreddata, come la nostra, oramai snobba. Tonino spesso obbligava a questo, ad accorgersi della bellezza, e trasmetteva con generosità rara, ma di maestro vero, tutta la ricchezza e la potenza dell’esperienza che lui stesso aveva vissuto. Ed era così che si circondava di tanti amici. Tra la cerchia numerosa di quanti avevano la fortuna di essergli più intrinseci, ve ne sono alcuni che, affini per temperamento e sensibilità, hanno magistralmente raccolto il suo insegnamento, e nel loro lavoro hanno saputo coniugare la loro maestria con la sua visione del mondo. È il caso di Federico Santini, incisore ed editore di Udine, che dalle lastre di Tonino da vari anni ha saputo trarre tutta la poesia di un morbido segno, di figure sottili, di tonalità lievi eppure dense delle storie che lo scrittore voleva narrarci.
Ogni libro è questo: un contributo leggero e incisivo nella narrazione complessiva che Guerra ha condotto con i diversi strumenti a sua disposizione. Grafica e poesia, ma anche racconti e colore: è la magia della carta e dell’inchiostro usati, come un tempo, dalla mano dell’artigiano sapiente (un artista anch’egli), addomesticati dalla forza del torchio che riproduce la parola e le immagini più rappresentative di Tonino. Sono libretti di non grande formato, a tiratura limitatissima, dalla voluta marginalità rispetto alle logiche dell’editoria di massa da cui deriva non già una debolezza, ma al contrario una grande forza; non è una novità: arte e letteratura convivono da sempre perfettamente. Ci vuole solo l’amore per il libro, la passione per l’incisione, l’inclinazione verso la poesia che sono, in una parola, il coraggio di alcuni stampatori come Santini e pochi altri in Italia. E che Casa Moretti da sempre ama mostrare ai propri amici.Manuela Ricci
FEDERICO SANTINI
Ricca di rilevanti esperienze e preziosa di incontri importanti, l’attività editoriale di Santini parte a metà degli anni Settanta a Udine, lontano quindi dal suo Montefeltro d’origine e dalla Urbino della sua formazione. In trent’anni di lavoro Federico Santini, che non è solo un artigiano, perché «quando realizza i suoi libri le sue mani creano arte e il suo lavoro è poesia», conosce e collabora con nomi dell’arte contemporanea quali Giuseppe Zigaina, Giuseppe Santomaso, Emilio Vedova, solo per citarne alcuni. Perché la stamperia non è solo un laboratorio artigiano, è una vera e propria fucina creativa in cui si incontrano anche scrittori, musicisti, artisti professionisti e dilettanti, come egli stesso annota sulle pagine del suo diario. Nel 1984 la stamperia inaugura anche un proprio periodico «Bon ‘atirer», con l’intento di dare informazione seria e ufficiale sul mondo della grafica d’arte: il numero 10 (luglio 2005) di «Bon ‘a tirer» è dedicato a Tonino Guerra con cui Federico Santini ha elaborato nella sua stamperia accurate e raffinate cartelle. «Tonino è il maestro che mi ha insegnato l’importanza delle cose minori. Guardare, scoprire, curiosare dove gli altri sono disattenti e rendere visibile l’invisibile. Il suo è lo sguardo del vero poeta». Il sodalizio è scandito, fino al 2011, dall’uscita di molti preziosi libretti che qui vengono messi in mostra. I ritmi e i tempi per realizzare questi piccoli capolavori sono quelli di una volta, scanditi dalla paziente attesa che la colla sul fuoco sia pronta, dal segno che la matita traccia sul foglio, dalla calma che richiede l’incisione della lastra, dalla scelta della carta e dell’inchiostro, dalla sorpresa di vedere il risultato del torchio. Sono libretti di non grande formato, a tiratura limitatissima, dalla voluta marginalità rispetto alle logiche dell’editoria di massa da cui deriva non già una debolezza, ma al contrario una grande forza; non è una novità: arte e letteratura convivono da sempre perfettamente. Ci vuole solo l’amore per il libro, la passione per l’incisione, l’inclinazione verso la poesia che sono, in una parola, il coraggio di alcuni stampatori come Santini.
La poesia del lavoro
Un silenzio incantatore si espande nello spazio museale. I libri d’artista di Federico Santini, discreti, raffinati, compiuti, riconoscibili per la semplicità ricercata, aperti o chiusi, evocano incontri, passioni, amicizia, lavoro severo e lieve. Lavoro che inizia nel suo laboratorio, dove Federico si immerge nei progetti, nelle scelte delle collaborazioni, nella fisicità della carta, del torchio, delle incisioni, nella materialità della colla fumante sul fornello, nel cesto dei ritagli e delle bozze. La radio a bassissimo volume, a volte una cicca di esportazioni senza filtro su un posacenere ricordo di sperimentazioni paterne. Tutto inizia nella bottega del padre a Urbino, poi a Udine a riprendere quei gesti antichi, con sguardo assorto, come a cogliere suggestioni e ricordi in una sorta di tempo sospeso, di eterno presente che mette quasi soggezione. Ovunque libri, voci risonanti. Nel suo studio Santini sembra un alchimista, un demiurgo, un artigiano di altri tempi che forgia l’informe, gli dà forma, colore, profondità, leggerezza, sempre fedele a opere che artisti e poeti gli affidano. Taciturno e loquace, scontroso e affabile, concentrato e inquieto, autentico e segreto, in lui gli opposti coincidono. Libri serialmente unici, da collezione, manipolati con maestrìa e saggezza. Un privilegio, un piacere estetico ed etico poterli ammirare…
Aldina De Stefano
Il mestiere al museo
L’approccio con un libro d’arte richiede delicatezza e tempi lenti. Un libro d’arte prende forma nel tempo e senza fretta: dapprima è figurato nella mente, immaginato negli accostamenti di parola e scelta iconica, è pensato nei suoi dettagli, è vissuto nel silenzio e nella concentrazione di chi misura
le scelte, i gesti, le prove, prima di dichiararlo opera compiuta, profumato di inchiostro e di carta nuova e linda, ricca della corposità della materia. Conversare con Federico Santini della sua attività in stamperia, passata e presente, è entrare nella sfera della consuetudine artigianale, che è creazione e sapere delle mani, fantasia e studio della tecnica, sperimentazione, aspetti che camminano fianco a fianco e si fondono. Questo è il lavoro della non – dimenticanza, ossia di chi ha saputo collegare la propria esperienza con quella della generazione che lo ha preceduto. La pratica dell’artigiano, travolto dall’oblìo che caratterizza la fine del XX secolo e l’inizio del nuovo secolo, ossia la distruzione del passato, permette di comprendere come in una creazione si amalgamano fattori diversi.
Tiziana Ribezzi
Giuseppe Dal Bianco, flautista, ha compiuto gli studi musicali presso il Conservatorio “A. Pedrollo” di Vicenza diplomandosi nel 1985 in flauto traverso, sotto la guida del M. Vincenzo Caroli. Ha svolto attività concertistica in Italia e all’estero (Austria, Germania, Francia, Spagna e Ungheria) e contemporaneamente, intensa attività espositiva nel campo delle arti figurative come pittore. E’ docente di flauto traverso presso la Scuola Media ad Indirizzo Musicale di Malo. Ha collaborato con numerosi musicisti e gruppi musicali e dal 1998 al 2005 è stato direttore dell’Orchestra Giovanile di Sarego. Recentemente ha fondato il Silent Trio (fiati, pianoforte e percussioni). Per diverse compagnie teatrali (La Piccionaia – I Carrara, Theama Teatro, La Zonta) esegue dal vivo le musiche di scena in numerosi spettacoli Da diversi anni si dedica allo studio degli strumenti a fiato etnici (duduk, khene, didgeridoo, benas, fujara, alboka, alghoza). Sotto la guida del musicologo Luca Xodo, apprende la tecnica della respirazione circolare e a suonare il didgeridoo, e attraverso la frequentazione del M° Giovanni Casu di Cabras, apprende i primi rudimenti inerenti la tecnica delle launeddas e delle benas, strumenti a fiato della grande tradizione sarda. Presso la Fondazione Giorgio Cini di Venezia ha frequentato Master Class di flauto arabo Ney con il M° Kudsi Erguner e di Duduk armeno con il M° Gevorg Dabaghyan. Studia l’Alghoza, il doppio flauto tradizionale del Rajastan e Pakistan con Akbar Khamiso Khan e Steev Kindwald. Ha frequentato corsi di perfezionamento per didgeridoo con Ondrej Smeykal e Ali Andress. Affascinato dalle sonorità che legano Occidente e Oriente, con il chitarrista Federico Mosconi sviluppa un progetto sonoro tra elettronica e suono delle origini e producono un CD dal titolo “altrove”. Nel 2005 incide un CD dal titolo “senza ritorno” che lo vede protagonista assoluto, nel quale, con i suoi numerosi strumenti esegue nove brani strumentali da lui composti e arrangiati.